Testo a cura della Redazione
É passata un’intera era geologica da quando si varcavano i confini senza quasi pensarci, armati di prendisole e (bellissime) magliettine che, come una copertina di Linus, trattenessero tutto il bello che avevamo lasciato a casa.
Dice Claudio Giunta, scrittore e saggista, che “se uno va in Giappone per più di dieci giorni e di mestiere scrive, al ritorno scrive del Giappone. In nessun altro paese del mondo la tentazione di dire la propria opinione è tanto forte. E più la propria opinione è immotivata, costruita sul niente, sull’ignoranza di tutto, più viene voglia di scrivere“.
Non abbiamo fatto eccezione. L’11 giugno Erodoto torna in libreria e porta con sè un dossier dal titolo “Inafferrabile Giappone“.
Ci piace pensare il numero sia nato la sera che la maglietta di Erodoto si è sdraiata sul tatami, oscillando tra l’urgenza di appuntare, ricercare e ancora annotare e quella di condividere “ma tu lo sapevi che….”, “di questo bisogna scrivere…”
E quante volte durante la preparazione, mettendo insieme i pezzi e commentandoli, quella sensazione di non aver capito nulla (lo dice benissimo nel suo articolo Luca Bonaguidi, cercatelo…) e di voler tornare, di dover tornare, per afferrare meglio.
Non sapevamo. sdraiati sul tatami, che nei mesi a venire gli interrogativi, si sarebbero fatti infinitamente più grandi e che ad essere inafferrabile non sarebbe più stato solo il Giappone.
Pensiamo che nella sfortuna (il numero doveva uscire a primavera, è rimasto bloccato dalla pandemia) siamo stati fortunati. Perchè questi ultimi mesi ci hanno lasciato feriti, ci hanno lasciato irrisolti ma crediamo che questo numero di Erodoto possa essere se non un aiuto, un balsamo. Che il Giappone, di condizioni sospese e di ferite da rimarginare, sa.