di Domenico Scarpino
Falso, dimenticato y final
Ispirato al racconto di Osvaldo Soriano, “Il figlio di Butch Cassidy”, il “Mundial dimenticato” di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni narra di un’indagine sul Campionato mondiale di calcio del 1942 che si sarebbe svolto in Patagonia, e che non fu mai riconosciuto dagli organi ufficiali dello sport, per questo rimasto per decenni avvolto nel mistero. Una leggenda collocata “alla fine del mondo”, come argentini e cileni definiscono quella terra, e in un epoca storica in cui il mondo sembrava davvero alla sua fine. È la stessa Patagonia che dà il via alla narrazione con il “ritrovamento”, durante uno scavo archeologico, di uno scheletro abbracciato ad una macchina da presa.
Il film è datato 2011, è una produzione Italia/Argentina e nello stesso anno è stato presentato al festival del cinema di Venezia. Successivamente è stato distribuito nelle sale italiane generando un divertente equivoco sulla veridicità dei fatti narrati. Equivoco alimentato ad arte dalla stessa produzione che inizialmente ha diffuso comunicati stampa sensazionalistici e ingannevoli sulla veridicità dei fatti.
O poetaé um fingidor, diceva Fernando Pessoa. L’arte è finzione e l’arte del cinema è la finzione per eccellenza.
La pazzia sconcertante di uomini meravigliosi e bizzarri, un cineoperatore folle e innamorato, una donna bellissima che fa fotografie erotiche, ribelle, disinibita e desiderata da uomini diversi e ostili, atleti e funamboli del calcio, squadre forti, invincibili, un portiere insuperabile se non con trucchi al limite della liceità, il figlio di Butch Cassidy, la frontiera inesplorata ai confini del mondo, la seconda guerra mondiale, l’anarchia, il nazismo, la forza dirompente della natura che tutto mette a tacere e naturalmente il cinema, l’incanto e la spettacolarità del cinema, tutto questo è “Il Mundial dimenticato”. È l’inganno che si fa arte cinematografica e rinnega il suo stesso essere menzogna, ricostruzione, bugia. Già nel sottotitolo, “la vera incredibile storia dei Mondiali di Patagonia 1942”, dichiara la sua caparbia volontà di essere realtà documentata. Gli autori ci raccontano la storia di un fantomatico mondiale di calcio, totalmente inventato, sfruttando il genere cinematografico che più di tutti tenta di raccontare la realtà: il documentario. Un intero film di documenti, testimonianze e filmati d’epoca miracolosamente ritrovati, ma falsi. False interviste a veri calciatori famosi e a “veri calciatori” del Mundial dimenticato, in cui tutti parlano dell’evento allo stesso modo, come di una straordinaria ed entusiasmante manifestazione sportiva che ha segnato la storia stessa del calcio.
Il film racconta la bellezza dell’irreale, del sogno e del riscatto. L’anarchia contro la prepotenza della guerra, e il riscatto contro i potenti della terra attraverso l’immaginazione. Non è un caso che il film si chiuda con la proiezione delle immagini ritrovate misteriosamente e che si affidi a queste per lo scioglimento della “verità” sul “famoso” Mundial del 1942.
A arte é um fingimento.
Trailer:
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Domenico Scarpino
Videomaker e sceneggiatore. Realizza cortometraggi e video a carattere sociale. Cerca di coniugare la “meravigliosa” passione per la narrazione ad una caparbia velleità da cineasta. Il tutto condito con un “malsano” interesse per le tecnologie audiovisive.