Testo e foto di Alessandro Lanzetta
Sono passati quarant’anni da quando i primi Saharawi hanno dovuto lasciare la loro terra, il Sahara Occidentale, tra il Marocco, la Mauritania e l’Algeria.
All’indomani della morte del dittatore Franco, nel 1975, il regno di Spagna decise di lasciare in gran fretta quella colonia, un’area che aveva occupato per quasi cento anni. La rapida e improvvisa uscita della Spagna lascio’ un vuoto istituzionale e l’anarchia. Da nord e da sud il Marocco e la Mauritania provarono a conquistare il Sahara Occidentale invocando addirittura dei diritti ancestrali su quelle terre.
Durante gli anni settanta gli scontri tra la resistenza Saharawi e l’esercito marocchino obbligarono migliaia di persone a rifugiarsi in Algeria creando accampamenti di fortuna. All’inizio quei campi di sfollati furono gestiti da donne, mentre gli uomini continuavano a combattere nei territori occupati.
Il cessate il fuoco fu imposto dalle Nazioni Unite nel 1991, all’indomani della costruzione da parte del Marocco di un muro minato per proteggere dall’esterno i territori occupati. Tutti pensavano che la soluzione del conflitto era vicina. Invece era in arrivo la stasi, fino ai giorni nostri. Il Sahara Occidentale é definito dal diritto internazionale un territorio “non autonomo giuridicamente”. Non é stato trovato nessun accordo in grado di soddisfare sia il Governo Marocchino che la Repubblica Araba Democratica Saharawi, in esilio con i suoi ministeri e il suo President nel sud dell’Algeria. Una parte della popolazione continua quindi a vivere in esilio, nel vicino deserto algerino.
Nei campi di rifugiati é possibile trovare ancora oggi i bauli del ritorno, delle casse di legno fatte costruire a metà degli anni novanta. In vista del ritorno nel Sahara Occidentale, ogni famiglia poteva usare quei bauli per mettere i pochi averi accumulati ma oggi sono quasi tutti distrutti.