E’ il minimo comune denominatore attorno al quale si sono sviluppate le nostre democrazie negli ultimi trenta anni. I Diritti Umani, i diritti che ci appartengono in quanto essere viventi, sono stati scritti codificati, regolamentati. Dopo di che vederli calpestati è stato ancora più evidente. La forte trasformazione post Guerra Fredda, che ha cambiato le tensioni e le forze di potere internazionale ricostruendo e aprendo spazi di relazione che prima non erano pensabili, ancora non si è conclusa e ad essa si sono sommate le tensioni, in alcune aree geografiche, dovute all’acuirsi di conflitti e guerre. “La violazione dei diritti umani genera ingiustizia, violenza, instabilità – dicono gli organizzatori del primo festival dei diritti umani che si terrà dal 3 all’8 maggio all’interno della Triennale di Milano – Per questo abbiamo deciso di organizzare questo appuntamento che vedrà ventidue film in programma, cinque film per serata ad ingresso gratuito.”
Filo conduttore di questa prima edizione: la donna. Proprio perché deprivata dei diritti fondamentali. Tantissime le invitate: Imem Ben Mohammed e Nagua Alba, le più giovani parlamentari di Tunisia e Spagna.; Sumaya Abdel Qader che ha lanciato il progetto contro la violenza sulle donne nella comunità islamica; Nadia Murad, una giovane yazida resa schiava per mesi dai miliziani dell’Isis; le giornaliste Paola Caridi, Marina Petrillo, Azzurra Meringolo che saranno sul palco insieme a Carla Del Ponte, che fa parte della Commissione Internazionale per i crimini in Siria. Il Festival dei Diritti Umani si occuperà anche della Tunisia, con un apposito panel con Emma Bonino, l’attivista per i diritti umani Amira Yahayaoui e la cooperante Debora Del Pistoia. Tunisia perché è perfetta sintesi delle contraddizioni del Nord Africa attuale, tra speranze di emancipazione e abissi di disperazione sociale.
Si inizia con un omaggio a una donna coraggiosa che ha pagato caro il suo attaccamento alla legalità: alle 9,30 del 3 maggio, con 1500 studenti già prenotati, proiezione di Lea, nome di battesimo della Garofalo, uccisa dalla ‘Ndrangheta.
Per i film delle 21 segnaliamo Qu’ Allah benisse la France!, in prima nazionale il 4 maggio. È la storia di un immigrato congolese che vive nella periferia di Strasburgo. Il protagonista, Abd Al Malik, dice: «Siamo definiti dallo sguardo che ci rivolge la gente».
Nemico dell’Islam? Un incontro con Nouri Bouzid (giovedì 5, dalle 17.45), road movie di Stefano Grossi del 2015 che indaga sulle ragioni della “apparente” trasformazione della Tunisia che da paese delle vacanze si è trasformato nel più grande serbatoio di combattenti per l’Isis.
Sempre il 5 alle 21, Nous trois ou rien di Kheiron, classe 1982, di origine iraniana: racconto del passaggio in Francia assieme alal sua famiglia. Il film ha ricevuto il Premio Reset-Doc al Rendez Vous 2016, ed è una prima italiana con la presenza dell’autore.
Il 6 maggio alle 17,30 lo scrittore Abraham Yehoshua terrà una lectio magistralis dal titolo “Dalle donne ebree alle donne d’Israele” e alle 21 la commedia di Shirel Amitai Rendez-vous à Atlit, film d’esordio alla regia con cui ha vinto il Prix du Public – lecture du scénario al Festival Premiers Plans d’Angers 2013.
Talk a più voci nel pomeriggio di sabato 7 per parlare di Medio Oriente con Carla del Ponte, della Commissione Indipendente Internazionale di inchiesta sui crimini compiuti in Siria, Marina Petrillo, social journalist, Paola Caridi, giornalista e storica.
Zoom infine sul Burkina Faso, con la prima tappa di «Sheroes», mostra fotografica di Amnesty International con gli scatti di Leila Alaoui, fotografa marocchina uccisa a Ouagadogou nel gennaio di quest’anno in un attentato.