Raggiungere un grande schermo è un viaggio. Un piccolo (a volte brevissimo, come in questo caso) viaggio. Nemmeno mille passi in una cittadina del Veneto. E guardate i pensieri che attraversano la mente quando stai camminando per andare a vedere ‘Il sol dell’avvenire’, che, forse, sorgerà. (Dimenticavo: toglietevi le scarpe per godervi il film)
Non-recensione e foto di Emiliano Bonadio
Ho invitato Laura e ci sono andato anch’io.
In questo bisogno generalizzato di una sinistra qualsiasi “D’Alema, di’ una cosa di sinistra, reagisci!”, al cinema è uscito “Il sol dell’avvenire”. E poco importa se “Il sol dell’avvenire” è storia controfattuale, se la storia del PCI la si sappia o meno, se il concetto di III o IV internazionale sia tema noto o sconosciuto, il bisogno di sinistra è un’urgenza fattuale.
Tralascio di avventurarmi in recensioni cinematografiche che non sono il mio campo, so poco di cinema, un po’ più Internazionali comuniste, ma non è il luogo. Mi sforzo invece di concettualizzare l’idea che raggiungere il cinema a pochi metri da casa possa trasformarsi in racconto di viaggio.
Il cinema dista 935 passi dalla mia mansarda, scale incluse. A questi 935 passi -a ritmo serrato perché siamo sempre in ritardo, fa da sfondo l’emozione intensa di assaporare un film nel suo luogo deputato, evento raro per chi ha figli, lavori, impegni, pensieri.
In questo piccolo spazio geografico che porta dalla mansarda al vecchio cinema in centro, colmabile con poche centinaia di passi, emergono le considerazioni e i sensi di colpa di chi è alienato nel proprio tempo: “dovrei andare al cinema più spesso. E anche a teatro. Laura, quant’è che non andiamo a teatro?”. Intanto la mente pregusta le poltrone in velluto scuro, mentre affiora un immancabile domanda: quante persone ci saranno allo spettacolo di sabato sera, ore 21.15, a vedere il film insieme a noi?
Quando iniziai a lavorare in un negozio di articoli informatici, finita l’Università, ebbi il primo approccio tangibile al numero incredibile di persone che sulla terra vivono, pensano e fanno acquisti. Vendere lo stesso tipo di articolo a dieci persone diverse, ogni giorno, ogni santo giorno della settimana, fu uno shock che mi insegnò a quantificare il numero di esseri viventi che popolano il mondo.
La domanda, in questi 935 passi riecheggia, con quanti esseri respiranti dovrò condividere la sala?
Il cinema è in un palazzo del centro di una cittadina del nord-est, ultimo avamposto ai confini con la barbarie. Quattro sale di proiezione, di dimensioni arroganti per una cittadina in pieno, prolungato e inesorabile inverno demografico.
All’esterno, negli espositori illuminati, i poster dei film proiettati in contemporanea si azzuffano, in un’accozzaglia tra lungometraggi impegnati e drammi commerciali. Un bisticcio stilistico, cromatico e ideologico.
Entriamo. Silenzio. Ma siamo in quasi ritardo. Il biglietto, nel piccolo e storico cinema si fa al bancone. Un bancone in marmo verde di eleganza ricreata e già sbiadita, che è un tutt’uno con quello del bar e della svogliata macchina per i popcorn.
Un’ipotesi strampalata inizia a girarmi in testa, un sentore che è più una speranza irrazionale, a cui non voglio credere. Quanti saremo, mi ripeto? Il film è proiettato in “Sala 1”, quella grande, quella importante. Quanti saremo?
Verifico incredulo, frastornato e ammirato che siamo i soli, e che il nostro biglietto è numerato. Paradossale.
Ci sediamo, fila centrale, quella col camminamento. Cambiamo posto per vedere meglio. Scegliamo un posto arretrato, col pavimento rialzato, intimo nel suo essere immerso tra altre poltrone in velluto scuro.
Esitiamo per un momento, poi ci togliamo le scarpe. Così, guardo affascinato i nostri piedi appoggiati alle poltrone di fronte, i calzini che delimitano il nostro spazio visivo incorniciando lo schermo.
Meraviglia eversiva, evasione meravigliosa.
Penso che forse il concetto di viaggio stia anche nei 954 passi che ho fatto, nelle due ore di evasione che mi sono ritagliato. Il viaggio che è anche evasione, evasione come rifugio: dai pensieri, dalle delusioni, dalla storia che avremmo voluto, ma ha vinto il Comintern. Dalla guerra in Ungheria del 58, dalle guerre di oggi e di ieri. Con un pensiero che è come uno schiaffo, mi arriva “niente uccide un uomo come l’obbligo di rappresentare una nazione” – L’invisibile ovunque. Amato Wu Ming. Consiglio di lettura. Come consiglio di guardare un film al cinema da soli, indipendentemente dal generalizzato bisogno di sinistra, possibilmente in calzini.
Cito:
“Il sol dell’avvenire” 2023 film diretto da Nanni Moretti
“Aprile” 1998 film diretto da Nanni Moretti
L’Invisibile ovunque, Wu Ming, Einaudi 2015. Consiglio a tutti