Testo e foto di Giovanni Mereghetti
Il colore e il profumo. Vista e olfatto sono i primi sensi che una fetta di prosciutto crudo DOP di Modena appaga. E solo poi il suo sapore, inconfondibile, e la sua scioglievolezza. Re della tavola, il crudo di Modena può permettersi di essere servito da solo, ma la sua schiera di innumerevoli sudditi e servitori non può che esaltare la regalità del suo sapore. E allora, secondo le stagioni, eccolo comparire in tavola con profumatissimi meloni gialli e bianchi, con grassi fichi zuccherini, in compagnia di scaglie dorate di parmigiano, in insalate gustose, dentro l’ombelico di freschissimi tortellini. Il suo regno non è certo nuovo di questi tempi, ma affonda le sue radici nell’età del bronzo quando i Celti cominciarono a conservare le carni con il sale e i Romani a nutrire le loro legioni durante le campagne belliche e a imbandire lauti banchetti con leccornie di tutti i generi per festeggiarne le vittorie. La sua sovranità, conquistata nel tempo, è il frutto di un’arte fatta di tradizione, cura e amore. Di un’arte che comincia dall’allevamento sano e costantemente monitorato di suini di razza bianca allevati nel bacino orografico del Panaro e, passando per la scelta accurata delle cosce e il metodo di macellazione, guida le diverse fasi di lavorazione, dall’iniziale rifinitura delle cosce alla stagionatura, in un processo articolato e sapiente, dove la fretta è una nemica sconosciuta.