Nel 1997 numerose organizzazioni per i migranti di alcune regioni dell’Asia iniziarono a celebrare e a promuovere la data del 18 dicembre come Giornata Internazionale di Solidarietà con i Migranti, scegliendo la data in cui, nel 1990, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva adottato la Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.
La campagna ha portato l’ONU a proclamare ufficialmente nel 2000 la Giornata Internazionale dedicata ai Migranti.
Nel 2014 i migranti nel mondo (232 milioni nel 21013, secondo l’Onu) sono giunti a sfiorare i 240 milioni, con una incidenza superiore al 3% sulla popolazione mondiale. Movimenti di così ampia entità dovrebbero spingere a una riflessione sulle disuguaglianze che spaccano il pianeta: sono 1,2 miliardi le persone che sopravvivono con un reddito al di sotto di un dollaro giornaliero (Rapporto UNDP). L’1% della popolazione detiene il 48% della ricchezza globale e l’80% della popolazione vive con il 5,5% della ricchezza. C’è chi da anni cerca di far riflettere su questa tematica denunciando gli effetti che tale disuguaglianza ha e avrà sugli stili di vita, la sicurezza, il benessere delle collettività in tutto il mondo. Le risi politiche, militari e ambientali, in questo quadro, comunque crescono.
E poi ci sono i numeri dei flussi di quest’ultimo anno, in Europa. Nei primi sei mesi del 2015 sono state 422.860 le domande di asilo presentate di cui 172mila in Germania, 67mila in Ungheria e, rispettivamente, circa 30mila in Francia, Italia e Svezia. Ma i migranti forzati (o richiedenti asilo, o profughi) sfiorano i 60 milioni: di questi due terzi sono costituiti da sfollati interni e il restante terzo da richiedenti asilo e rifugiati. Nel 2015 la Siria è divenuta il principale paese di origine di questi ultimi (3,9 milioni, da aggiungere ai 7,6 milioni di sfollati interni), superando l’Afghanistan (2,6 milioni) e la Somalia (1,1 milioni). E per chi non lo sapesse, non se lo ricordasse, o pensasse di poter stare ancora a lasciar correre il fiume del silenzio in Africa 21 stati sono alle prese con guerre e conflitti interni.