testo e fotografie di Yuri Materassi
Un’aria cupa e senza tempo. Il fascino dell’abbandono. Questo è quello che rimane dell’ex-sanatorio Banti, un maestoso edificio in cemento armato che stona e domina il panorama sulle colline che, da Pratolino, mirano verso Fiesole e Firenze.
La sua storia inizia negli anni ’30, quando viene decisa la sua costruzione e la destinazione a Centro di cura per malattie respiratorie. Negli anni le sue stanze si trasformeranno per diventare struttura ospedaliera prima e centro di accoglienza profughi poi. Oggi l’ospedale è in uno stato di completo abbandono, chiuso al pubblico, vi si può accedere a proprio rischio, eludendo la scarsa sorveglianza.
Una volta entrati si cammina in un set di vetri infranti, muri scalcinati, solai pericolanti. I segni di quello che fu si confondono con i murales di oggi. Quello che sembra un teatro di marionette abbandonato è animato da due loschi e neri teschi. Su una poltrona grondante di polvere il viso di un dubbioso pinocchio aspetta chissà cosa, da chissà quanto tempo. Un mostro immaginario stringe una palla magica da cui si accede ad un altro spazio.
Questo è il Banti adesso, per chi ci vuol vedere qualcosa. Altrimenti è soltanto un ammasso pericolante di cemento armato, in attesa che qualcuno prendi una decisione sul suo futuro.