… di un monastero (anche) fotogenico
Testo e foto di Francesco Parrella
E’ un po’ l’icona anche turistica della Bulgaria il monastero di Rila. L’impatto visivo, i colori vivaci, la location, ne fanno un unicum, e vale la pena visitarlo. Il monastero fu fondato dal monaco eremita Ivan Rilski intorno all’anno 1000, e dall”83 è patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco. Per arrivarci bisogna salire a 1147 metri, sul monte Rila. In alcuni punti della salita la strada si fa davvero stretta. Ora la stanno allargando, ma i lavori stanno togliendo ‘fiato’ al ruscello che scorre parallelo. Quando due pullman s’incontrano nei punti stretti della stradina attualmente fanno fatica a passare, e tutto il traffico che segue si ferma. Delle due l’una.
Ogni anno sono circa 300mila le persone che visitano la struttura di culto. All’ingresso c’è un piccolo piazzale ma si riempie subito, di bus e di auto, e così la maggior parte si ferma prima. I mezzi parcheggiati ai margini della strada in salita si fanno numerosi già un chilometro prima. Arrivarci d’inverno, con la neve, non dev’essere facile. Gran parte dei turisti perciò c’arriva in primavera o d’estate. Non c’è wi-fi quassù. C’è un solo albergo non troppo lontano, e un ristorante di fronte le mura. Sofia, la capitale, dista circa 120 km. La visita organizzata al monastero dura all’incirca due ore, più o meno il tempo che occorre da Sofia per arrivarci.
Si entra passando sotto un portico ricco di affreschi che si «apre» su un vasto cortile in leggera pendenza; difficile immaginare dall’esterno di trovare tanto spazio all’interno.
C’è la chiesa, con gli affreschi anche sulle pareti esterne, la famosa icona dorata della Vergine Odigítria del XII secolo, e l’enorme candelabro al centro, più recente; c’è la torre del despota Hrelio, ci sono i quattro piani di balconi variopinti che ospitano le celle dei monaci circolari alla struttura. Su trecento celle solo una decina sono attualmente occupate dai religiosi. Volendo si può anche restare a qui a dormire. Tanti, soprattutto giovani, dalla Nuova Zelanda, da Israele, dal Nord Europa, arrivano in Bulgaria appositamente per passare un’esperienza contemplativa sul monte Rila.
Attraversato il cortile, appena dopo la torre di Hrelio, c’è un altro ingresso al monastero. Uscendo s’incontrano da questa parte della struttura quasi solo bulgari. Tanti sono fedeli in pellegrinaggio o semplici vacanzieri arrivati qui da altre vie. Hanno lasciato le auto ‘arrampicate’ lungo le due stradine in salita che portano al luogo di culto e con l’intera famiglia sono arrivati quassù. A pochi metri dalle mura c’è un ristorante, ma tutti fanno la fila al chiosco accanto, che ‘sforna’ ogni cinque minuti pile di mekitsi. Si tratta di frittelle di pasta lavorata a base di yogurt con lievitante, fritte in olio a fuoco alto. Neanche fossero pistacchi, una tira l’altra.
La montagna fa venire fame, e dopo il tour al monastero arriva la sosta al ristorante. Da queste parti la specialità della casa è la trota, al forno o al cartoccio, con contorno di insalata e patate lesse.
Alcuni ristoranti offrono ai turisti la possibilità addirittura di pescarla nei vicini corsi d’acqua. Quasi sempre però arriva prima la trota nel piatto. Proseguendo la discesa verso valle, si vedono piccolissime casette di legno, tra alberi e corsi d’acqua, di qualche metro quadrato appena. C’è gente che prende il sole che filtra tra gli alberi distesa sulle sdraio con i piedi nell’acqua. In Bulgaria il ‘mare’ è anche in montagna. Giunti a valle, prima di raggiungere la strada statale che unisce la città greca di Salonicco a Sofia, s’incontra un paesino, Kocherinovo, noto per i grandi nidi di cicogna sui comignoli dei camini e sui tetti delle case. Ce ne sono davvero tanti. L’intera area riveste non a caso un’importanza internazionale nella salvaguardia della ‘White Stork Ciconia’. Intanto, una volta sulla statale con la strada sempre dritta e un paesaggio pianeggiante sempre uguale, scorrono sul display della fotocamera le immagini del monastero appena visto che risulta essere anche molto fotogenico.