Viaggiando si scrive. Si prende spunto. Cartoline? Forse. Testo e foto di Tommaso Chimenti
Se sai nuotare sei già a metà dell’opera. Se sai nuotare ti puoi salvare. Con la maschera, pinne ed occhiali per vedere cosa galleggia sulla superficie, per andare a scavare sul fondo. I pesci celesti come gli occhi, che i pesci rimangono ingenui e allibiti e gli occhi devono conservare la possibilità di regalarsi qualche lacrima per poter avere più chiaro il fondale, lo smuovere i sassi con la curiosità di un bambino, il frugare di mani, lo sbattere di piccoli piedi a mollo. Ma anche noi siamo come pesci rossi dentro la boccia mossi da mani più grandi di noi, crediamo che il nostro nuotare sia autonomo, le nostre strade indipendenti, le nostre scelte originali, il nostro volo subacqueo controcorrente. Ma sulla nostra schiena non abbiamo ben controllato che una rotella ci dà corda e linfa, ci fa muovere e agitare mani, bocca, gomiti. Sul fondo l’aria è rarefatta e ci pare anche più pulita. Ma la molla della carica ha una sua consunzione naturale e il viaggio non sarà infinito. Puoi sbattere le pinne fin che vuoi, in questo mare che è un laghetto, in questo oceano che di fatto è uno stagno.