Testo e foto di Sabrina Maio

Quando inizia realmente un viaggio? Solo il momento prima di chiudere la valigia pronta?
Certo che no. Per chi ne ha una profonda predisposizione, viaggiare è uno stato d’animo.E’ uno stile di vita, fatto di sguardi diversi sulle persone, sulla morfologia dei territori. Certe praterie potrebbero essere in Mongolia come nelle Murge, tanto che riusciamo ad intravedervi in lontananza una yurta e sentirvi le grida festose dei piccoli nomadi mentre giocano con i loro cavalli. Certi visi incontrati in Lucania potrebbero essere le facce sorridenti e rubiconde dei popoli andini. Il mondo è contenuto nel mondo.

Tornando al viaggio, esiste un momento di sospensione tra partenza ed arrivo, relativamente lungo, magico, fatto di immaginazione e proiezione. Inizia quando si sceglie la meta da raggiungere. Non è mai casuale la scelta di un posto dove andare, a volte è il posto stesso a sceglierci. Un richiamo ancestrale, perchè in certi luoghi le anime si incontrano, con certi popoli si entra in empatia. Non è solo un discorso di psicologia, ma, anzi, un dialogo che nasce e cresce a confronto con la Storia di un popolo in cui ci si identifica.
Prima di un lungo viaggio si immagina lo stupore nel vedere i posti visti in foto, si provano ad indovinare i colori, la luce ed il calore. Ogni valle, costa o montagna diventano la conferma di luoghi in cui desideriamo essere, la ricerca di un’intimita’ da cui vogliamo essere  sopraffatti.
Non si parte mai davvero senza questo viaggio preliminare. È un vero e proprio “viaggio ombra” che però è pieno di incanto, soprattutto per chi il viaggio se lo costruisce da sé, come un abito fatto fare su misura. Non bastano pagine e pagine da leggere, non basta sapere a memoria le mappe delle città. Si diventa ingordi di testimonianze, leggende e peculiarità, anche dei più piccoli posti. È un appuntamento d’amore a scatola chiusa con esiti inattesi.E come tale si cercano di sapere ed immaginare quanti più dettagli possibili sull’amante da incontrare. Diventa l’approdo ad un’isola immaginaria, dove mettiamo in conto di incontrare brandelli del nostro passato e momenti del nostro presente da cui inevitabilmente tentiamo di fuggire. Viaggiare è un atto d’amore, una mano tesa ed il desiderio di farsi prendere. E’ voler scorgere la felicità, cercarla e trovarla all’improvviso anche dove apparentemente non v’è, riconoscere di essere a casa anche nell’osservare le pietre ed i fili d’erba lungo i cigli della strada. Capire e riuscire ad essere l’altro che si ha di fronte, pur non comprendendo le parole emesse, essendo sufficiente vedergli il movimento delle mani ed il modo gentile di inclinare la testa.
Poi si parte, si entra in fase di totale espansione leggera, ci si accomoda e si pronuncia un silente addio al mondo che si lascia ed un po’ lo si dimentica. Rimangono i ricordi belli ed intensi, a cui torna il pensiero quando ci si ferma, anzi quelli si attaccano a ventosa, e nascosti dentro di noi ritornano ad ondate. Dai monitor o dal finestrino di un aereo si osserva giù il globo che si attraversa ed in questa dolce solitudine che osservandosi in uno specchio, così per caso, si scopre che quella ruga che scendeva tenacemente in verticale sulla nostra fronte è scomparsa.