Testo e foto di Letizia Sgalambro
C’è un museo a Udine che da solo vale la visita alla città.
Casa Cavazzini è un museo di arte moderna e contemporanea in uno splendido edificio nel centro storico della città ristrutturato da pochi anni.
La bellezza del museo risiede nelle opere che contiene, nella sua installazione, nella sua storia e anche nel fatto che è possibile visitarlo in pace, con tutta calma perché non è troppo frequentato e quindi può capitare di essere l’unico visitatore. Da brivido.
La storia: sia l’edificio che buona parte delle opere sono frutto di donazioni. Il palazzo è stato acquisito da Comune per disposizione testamentaria del commerciante udinese Dante Cavazzini a fine anni ‘80 e all’interno del museo rimane in esposizione una parte dell’appartamento originale.
Per una parte delle opere si deve ringraziare un altro udinese vissuto circa un secolo prima del precedente: la collezione Marangoni è stata donata al Comune di Udine nel 1885 con l’obbligo che questo provvedesse ogni anno all’acquisto di uno o più opere di qualche giovane artista di merito. Da qui una varietà di autori, a volte all’epoca neanche troppo noti.
Anche la famiglia Astaldi ha deciso di donare al Comune la propria collezione: 120 pezzi fra cui alcuni De Chirico, Ottone Rosai, Carrá, Guttuso, Picasso, Chagal e tanti altri.
L’ultima sezione del museo è frutto invece di una donazione di origine Americana. Subito dopo il terremoto in Friuli, del 1976 alcuni artisti statunitensi decisero di far pervenire alla città una loro opera da vendere all’asta, per raccogliere denaro per la ricostruzione.
Le autorità locali decisero però in altro modo: le opere sono state tenute ed esposte, arricchendo la sezione di arte contemporanea del museo.
In una varietà di opere così ampia è difficile fare preferenze, ma per me un occhio di riguardo lo hanno avuto i fratelli Basaldella, artisti dei primi del ‘900, e Mirko in particolare. Ho fatto fatica a uscire dalla sala a lui dedicata per l’alternarsi di emozioni che le sue opere mi hanno risvegliato.
Quando sono ben organizzati, i musei provocano in me strane fantasie, inutile dire che sono uscita da Casa Cavazzini con la testa piena!