Testo e foto di Letizia Sgalambro
La Bosnia è stata ricostruita, la Bosnia è ancora una ferita che sanguina. Le città nascondono il dolore, lo hanno ripitturato, hanno restaurato quasi tutti i palazzi, ne hanno cambiato destinazione, attraggono nuovamente i turisti…
Ma la popolazione è ancora ferma agli anni della guerra, non riesce ad andare avanti, continua a guardare indietro, a contare i morti, a chiedersi perché, perché tutto quell’orrore, e a chiederci: perché non avete fatto niente per fermarlo?
E noi dove eravamo in quegli anni? Vi ricordate cosa stavate facendo il 5 febbraio del 1994? O il 28 Agosto 1995? E l’11 luglio 1995? Quasi sicuramente no, mentre ognuno di noi può dire esattamente dove era l’11 settembre 2001 quando ha saputo del disastro delle torri gemelle o, per i più “vecchi” il 20 luglio 1969, quando il primo uomo ha messo piede sulla luna.
Le prime date riguardano due stragi al mercato di Sarajevo, la terza il massacro di Srebrenica.
Guerra vicina, ma guerra lontana perché non ci riguardava, l’abbiamo letta sui giornali o visto delle immagini in tv, ma coinvolgeva altri che non erano come noi, non come gli americani, con cui ci siamo immediatamente identificati nel dolore.
Due pesi e due misure che la storia ha sempre riservato ai popoli, niente di nuovo sotto il sole dunque, fino a quando non si va a toccare con mano ciò che è successo, fino a quando non si mette piede nella storia “minore” e ci si fa toccare il cuore da quel dolore.
Ti giri intorno e vedi cimiteri, tombe tutte uguali, oppure tombe diverse, ma con le stesse date di morte: 1992, 1993, 1994, 1995… centinaia e centinaia, e se guardi gli anni di nascita ti accorgi che sono tutti morti giovani, spesso neanche ventenni.
Cosa rimane di quell’orrore? E’una cicatrice incancellabile per il 99% dei bosniaci (ho incontrato anche quell’1% che invece vuole guardare avanti, un ragazzo giovane che mi ha trasmesso la speranza nel futuro) E per noi? Cosa ci insegna ancora oggi? Dopo la seconda guerra mondiale dicemmo MAI PIU’ e invece abbiamo assistito inerti alla guerra bosniaca, al genocidio in Ruanda (stessi anni, guarda un po’) e ora alla tragedia della Siria…
Erano anni che volevo andare a vedere perché volevo capire. Ho imparato, ho conosciuto, ma ancora una volta non ho capito. E allora ripenso e mi rispecchio nelle parole di Primo Levi: Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.