Testo Luisa Fazzini | Foto Andrea Semplici

Luisa Fazzini  è referente per la scuola secondaria di I grado di AIIG Veneto (Associazione Italiana Insegnanti di Geografia) . Con Erodoto108 ha iniziato un progetto sulla Geografia come viaggio

Quando la strada impercettibilmente devia. Hai studiato il tracciato da tempo, perché tu sei il tracciato in cui ti muovi. Ma la strada impercettibilmente devia. Forse non è lei che si inclina, sei tu che ti pieghi su te stesso per ascoltarti meglio. E inevitabilmente perdi la tua linea di equilibrio e sconfini. Sconfinare dentro la propria anima è il più ignoto dei viaggi perché nessuno ne possiede la mappa. Nemmeno tu.

Per anni ho studiato le parole. Ho inseguito i pensieri. Ho composto il loro ritmo su fogli di carta. Poi la strada un giorno impercettibilmente ha deviato dalle azioni abitudinarie. Perché ha sbattuto contro il muro dell’interiorità satura. Spostare il centro per ritrovarlo. Tu credi di guardare semplicemente fuori rimanendo dentro, invece sei sul confine dei tuoi spazi intimi, senza sapere che hai appena fatto il bagaglio dell’essenziale di quello che sei stato per partire. Non c’è mappa. C’è solo il sentire. Sentire quello di cui hai bisogno per andare avanti. E ti servono parole diverse. Per definire i tuoi passi.

“La poesia ricompone ciò che hai intravisto” (da “La rivoluzione perduta dei poeti” di Andrea Semplici). La poesia è demiurga di parole. Il poeta scardina la realtà, concentra i significati in nuove espressioni, indica un punto di passaggio per andare oltre e per ritornare rinnovati verso se stessi.

Lo spazio geografico è il luogo in cui l’anima si dilata quando le sue stanze sono piene. E’ materia viva che ci passa attraverso e ci rigenera nella percezione del reale. L’esigenza di spazio si traduce in viaggio. Viaggiare con l’arte della parola nuova che ci accompagna, preparata prima di partire, nel tempo che ci immerge nel quotidiano. Bisogna trovare qui allora quel punto in cui la strada leggermente devia dai pensieri previsti e prende la rotta divergente. Ci vuole una guida per seguire questa direzione. Ma non un manuale. Ci vuole un racconto di una terra lontana in cui una rivoluzione ha tradotto la poesia in realtà. Anche se il finale è una sconfitta. Ma sono i percorsi che aprono le vie, non i punti di arrivo.

“La rivoluzione perduta dei poeti” di Andrea Semplici, tra movimenti di andata e di ritorno nel flusso narrativo temporale della rivoluzione in Nicaragua, ti fa leggere qualcosa che le passa attraverso. Forse per questo il racconto è destrutturato. Per scomporre ai tuoi occhi, affinché tu comprenda e ricomponga in te stesso la consapevolezza. Quale? Che la natura della poesia è appunto nella cattura dei significati profondi del vivere, espressi in forme che non devono necessariamente rispondere a schemi comunicativi previsti. Lei afferra, focalizza, esprime. Fondamentalmente scardina e ricrea secondo quello che ha individuato. Per questo la poesia è rivoluzionaria. Per questo “La rivoluzione perduta dei poeti” non è solo una storia in Nicaragua. Per questo è una riflessione, più che un report. “A cosa servono i poeti senza la rivoluzione?” “Io credo che esistano per rendere possibile le Rivoluzioni”.

“La rivoluzione perduta dei poeti” è un esercizio di viaggio sedentario in cui il dentro e il fuori attraverso la poesia si congiungono. Ci vuole tempo per leggerla. Per seguirne la storia, per trovare e segnare, magari piegando l’angolo di una pagina, i pensieri che rendono la poesia protagonista ineludibile di queste vicende. “Il sarto trasforma la realtà. Come un poeta” (…) “Il sarto conosce il tessuto, lo sfiora, lo cambia. Una tela ha solo due dimensioni: la lunghezza e la larghezza. Con le forbici e la macchina da cucire il sarto dona la profondità e la rotondità. E’ la materia che ha preso un’altra forma. Il poeta fa la stessa cosa. Usa le parole, ma trasforma la realtà attorno a sè. Le persone che lo ascoltano, lo leggono a voce alta, quelle che appena mormorano i suoi versi, cambiano. Hanno altri occhi per la realtà, si lasciano trasportare in un altro luogo”.

Un libro dunque per chi è lungo la strada che impercettibilmente devia, per chi è in viaggio oltre i propri confini interiori o in terre straniere e cerca il senso dell’andare attraverso parole nuove. Quelle della poesia.