Testo di Alessandro Morandini, archeologo
Ma oltre al valore storico della mappa, ve n’è un altro, legato profondamente all’Immaginario. La carta è ricca di elementi oscillanti tra il concreto e il fantastico, proiezione di altri valori che si materializzano in disegni e rimandi a favole e leggende. In quel contesto per gli Ottomani e per gli Europei il Nuovo mondo coincideva con l’Estremo Oriente: un punto d’incontro, ma anche il luogo del mistero, delle rivelazioni illuminanti, del contatto con l’ignoto.
Ed ecco che nell’angolo superiore della carta, a destra di Hispaniola, non compare un territorio, ma un episodio riferibile alla storia del monaco irlandese San Brandano: quello in cui il santo, in compagnia dei monaci che lo avevano accompagnato alla ricerca del Paradiso terrestre, approdato su un’isola per celebrare la Pasqua, accende un fuoco, scatenando un terremoto e un conseguente inabissamento; l’isola infatti non era altro che il dorso di un enorme pesce. Episodio fortemente simbolico, maturato nel mondo medievale europeo e mediorientale (sono evidenti le analogie con le avventure di Sindbad il Marinaio narrate ne “Le Mille e una notte”), sulle origini del quale la critica moderna non è ancora concorde: l’archetipo, pur in varie sfumature, era certamente noto tanto in Occidente quanto in Oriente, con radici nell’Avesta e nel Talmud; tuttavia l’ottomano Piri Re’is decide di rappresentarlo nella sua carta coi panni dell’irlandese Brandano.
Piri Re’is disegna con una certa precisione la linea costiera del Sudamerica, mentre l’entrorerra, quasi totalmente inesplorato, viene riempito di note e di disegni raffiguranti esseri immaginari e versioni fantasiose di animali del luogo: si possono riconoscere lama, puma, scimmie, ed anche uomini mostruosi col viso sul petto, i favolosi “Blemmi” delle mappaemundi medievali.
Ma certamente il valore simbolico di questa carta è venuto intrecciandosi ulteriormente anche con l’ondata delle ricerche sulla mitica Atlantide, fiorite a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento e attive nei più svariati filoni pseudoscientifici e fantarcheologici fino ad oggi.
Alcuni autori cominciarono, allora, a sostenere che nella carta di Piri Re’is la costa meridionale non raffigurasse in realtà la linea costiera corrispondente all’attuale Argentina fino alla Terra del Fuoco, bensì il profilo della Terra della Regina Maud e altre coste dell’Antartide, in special modo come potevano apparire oltre 10.000 anni fa. Di qui l’ipotesi che gli stessi Colombo e Magellano si fossero basati, per i loro viaggi e scoperte, su carte più antiche venute in loro possesso, copie di mappe redatte ben prima della loro epoca, in un contesto “atlantideo”.
Inoltre, il confronto tra alcuni dettagli topografici della mappa riscontrabili attualmente nell’Oceano Atlantico con altri invece apparentemente “scomparsi”, come l’isola rappresentata da Piri Re’is a nord-est della costa settentrionale del Brasile, i cui ipotetici resti alcuni studiosi avrebbero identificato presso l’arcipelago di San Pietro e San Paolo, fecero sorgere l’idea che ancora in epoca storica vi fossero sulla superficie dell’Oceano Atlantico resti emersi di un continente ancora in fase di sprofondamento: Atlantide. La stessa nota della carta di Piri Re’is appuntata presso l’estremità meridionale della mappa, che indica come quella terra fosse abbandonata, in rovina, e quei mari, oltre a essere infestati da grandi serpenti, fossero molto caldi, ha permesso a diversi autori di tentare una conciliazione tra i testi di Platone relativi alla scomparsa catastrofica di Atlantide e le note di Piri Re’is, suggerendo così di identificare sulla sua carta alcuni dei resti del mitico continente inghiottito gradualmente nell’Oceano, e che aveva lasciato qua e là tracce dello sconquasso di fuoco, terra e mare.
Queste interpretazioni, ben lungi dal dimostrare corsi storici alternativi a quelli comunemente conosciuti e oggetto di ricerca storica e scientifica, mettono piuttosto in evidenza la presenza e il forte bisogno, stretto compagno dell’uomo in diverse epoche, di un mitologema di grande valore simbolico: la nostalgia di un’età dell’oro, caratterizzata dalla presenza di una razza umana primigenia pacifica ed evoluta, in possesso di un prezioso “sapere perduto”, ma tuttora auspicabile e, in qualche modo, forse ancora attingibile.
Secondo Kàroly Kerènyi, il termine “mitologema” starebbe ad indicare l’elemento minimo di un complesso di materiale mitico, continuamente rivisto e rimodellato dagli uomini, ma che tende a mantenere la stessa energia e lo stesso significato primordiale, congiunto agli archetipi che popolano la mente umana. Nel nostro caso è assai significativo che lo studio della cartografia si accompagni all’esplorazione dell’Immaginario, in quanto la scoperta dello spazio che ci circonda è anche un’indagine sulla nostra mente, sul nostro modo di vedere, sui nostri limiti, possibilità, sogni…
A tal riguardo sono innumerevoli gli autori che ci hanno lasciato in eredità con le loro opere meravigliosi viaggi entro geografie sospese tra il reale e il fantastico, dove poter spaziare con la libertà della fantasia ed educare le nuove generazioni. Tra questi possiamo ricordare, a titolo d’esempio, Jonathan Swift, Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Gianni Rodari, la cui esplorazione letteraria tocca luoghi reali aperti al fantastico e viceversa, territori sognati, labirinti che aprono all’Immaginario e all’Utopia indicandoci nuovi percorsi, e ripetendo in infinite varianti i mitologemi del Viaggio, dell’esplorazione, della ricerca e dell’apertura all’ignoto nell’infinitamente grande quanto nell’infinitamente piccolo.
Basta guardare alla carta di Piri Re’is con uno sguardo rinnovato, ampio e intuitivo per poterla esplorare sia da un punto di vista scientifico che da una prospettiva umanistica, ed osservarla aprirsi per noi in nuovi orizzonti, proprio nel punto in cui l’Occidente si incontra con l’Oriente.
Del resto Oscar Wilde aveva scritto: “Una carta del mondo che non contenga il Paese di Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché tralascia il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo vi fa vela.”