Testo e foto di Barbara Renzi
Il fiume-lago, a starci sopra, sembra immobile, eppure è solcato da numerose imbarcazioni. Fiume-lago, appunto: perché il Tonle Sap, nel bel mezzo della Cambogia, è quel che si dice un “sistema combinato”. Ci troviamo nel nord-est del paese, nei pressi del sito archeologico di Angkor e della cittadina di Siem Reap. Fa caldo, certo, non è il periodo migliore per una visita (tutte le guide consigliano i mesi più freschi, da novembre a marzo), ma nell’insieme, e malgrado l’umidità, non si soffre troppo l’afa, che è invece onnipervasiva quando si visitano negli orari sbagliati – e a volte non se ne può fare a meno, c’è troppo da vedere – i vicini templi del complesso di Angkor. Ma sulla barca dove ci troviamo si respira, c’è perfino qualche piacevole refolo.
Il fiume-lago, ci spiegano, si espande e si contrae seguendo il flusso delle acque himalayane che, sciogliendosi, confluiscono infine nel fiume Mekong. Ogni sei mesi il Tonle Sap, inteso come fiume lungo ben 110 chilometri, cambia direzione, trasportando da una parte all’altra un’acqua ricca e nutriente e creando al contempo un’immensa risaia e una riserva di pesca apparentemente inesauribile. Si forma così il più grande lago d’acqua dolce nell’Asia sud-orientale, di un’ampiezza di 16.000 chilometri quadrati, la cui profondità può variare da tre a quattordici metri a seconda della stagione (quella secca va da novembre a metà maggio, l’altra da metà maggio a ottobre) e appunto dell’apporto d’acqua.
Direttamente o indirettamente, il fiume-lago assicura il 75% dell’intera capacità di pesca del paese. Direttamente o indirettamente, garantisce la sussistenza di più di tre milioni di persone, che occupano cinque province del paese. Per non parlare della biodiversità, visto che si sono contate più di trecento specie di pesci, molti dei quali commestibili e anzi piuttosto apprezzati, più ventitré specie di serpenti, tredici di tartarughe, e poi coccodrilli, testuggini e via elencando. Gli abitanti dell’acqua attirano naturalmente frotte di uccelli di ogni tipo e colore, e il posto è quindi un paradiso anche per gli appassionati di birdwatching, soprattutto in alcune zone deputate appunto alla tutela e conservazione della fauna avicola. Anche qui non mancano, tuttavia, le preoccupazioni – e non solo per lo sfruttamento indiscriminato o per la mancanza di pulizia e di smaltimento dei rifiuti. Il flusso delle acque rischia di essere notevolmente limitato, in futuro, dalla costruzione di una nuova diga idroelettrica, che potrebbe causare un disastro ecologico e umanitario.
I villaggi fluttuanti, il più conosciuto dei quali (ma non il più interessante) è quello di Chong Kneas, proprio all’imbocco del fiume, risalgono ai tempi della costruzione dei templi di Angkor, tra il nono e il quattordicesimo secolo, e hanno mantenuto inalterata la loro essenza. Resi oggi forse meno pittoreschi dallo sfruttamento turistico, vi si possono tuttavia ancora realizzare degli scatti originali tenendosi un po’ a distanza e scegliendo qualche scorcio inedito o particolarmente suggestivo. Alla presenza dei villaggi si alterna quella di cumuli ed estensioni di larghe reti da pesca, che sembrano un merletto sul lago.
Nei periodi in cui il livello dell’acqua è più alto, fra settembre e dicembre, pare si possano percorrere le acque del lago anche in kayak. Di sicuro, a disposizione dei turisti e dei curiosi non mancano le barche, guidate spesso da giovanissimi (e prudenti) nocchieri che si orientano perfettamente fra le zone più o meno paludose del fiume-lago. Volendo, si può anche arrivare in circa sei ore fino a Phnom Penh, la capitale, un viaggio da fare però esclusivamente nella stagione dei monsoni; non sono mancate le occasioni in cui il cosiddetto “express boat” è rimasto impantanato nel fango per mancanza d’acqua.
Nominato “biosphere reserve” dall’UNESCO nel 1997, il Tonle Sap è stato oggetto recentemente anche di un decreto di tutela del Regno della Cambogia, e si spera che tutte queste attenzioni non restino teoriche e possano contribuire a salvarlo davvero. In un paese che sta faticosamente riemergendo dall’incubo del regime di Pol Pot e dei khmer rossi nessuna occasione di riscatto può essere tralasciata o messa a repentaglio.
NOTA Le foto di questo reportage sono oggetto di un più ampio lavoro, condotto da Barbara Renzi in Cambogia e in altri paesi asiatici, raccolto nel volume intitolato L’Incontro.