Viaggio fra la Grecia e la Puglia. L’Adriatico del Sud. Una rete di castelli, fortezze, presidi militari ha sorvegliato queste coste contrapposte. È una geografia leggendaria. Che ricorda le guerre dei crociati, le incursioni saracene, i domini veneziani. Un palcoscenico che è stato abitato da Miguel de Cervantes e Guglielmo Marconi, il governatore ottomano Alì Pasha e il pirata Dragut. Adesso, grazie a preziosi restauri, è possibile ricostruire un itinerario di mare e di terra, una navigazione di pace fra testimoni di antiche battaglie.
Testo e foto di Carla Reschia
Dai bastioni del Chlemoutsi Castle il panorama si apre sulla pianura dell’Elide e sul Mar Jonio fino alle isole di Zante e Cefalonia, una posizione strategica per la fortezza costruita dal principe Geoffrey I Villehardouin nel 1220, dopo la Quarta Crociata, quando, invece di liberare la Terrasanta, le milizie cristiane conquistarono Costantinopoli e spartirono l’impero bizantino in piccoli stati feudali con a capo nobili francesi e italiani. Chateau Clermont, o Castel Tornese, come lo chiamavano i veneziani, con la sua doppia cinta fortificata e la struttura esagonale che riecheggia quella ottagonale del quasi coevo Castel del Monte, fu una postazione difensiva importante nella regione, mentre oggi il suo autentico aspetto di castello franco del XII secolo con insoliti elementi locali bizantini, ne fa una delle testimonianze più significative dell’epoca medievale. Un luogo suggestivo e spiazzante da visitare che sembra, ed è, arrivato da un altro paese, da un’altra cultura, e sembra uscito da un romanzo cavalleresco.
È una Grecia diversa, che per una volta non propone templi, statue ed edifici classici, quella proposta dal progetto CoHeN – Coastal Heritage Network – per l’iniziativa europea Interreg Greece-Italy. Un itinerario alla scoperta dei castelli e delle fortificazioni che hanno scandito le occupazioni militari del passato del paese, quelle dei crociati franchi e latini e poi dei turchi, i periodi che i greci chiamano Francocrazia e Turcocrazia, e che lega le due coste ioniche, quella greca e quella pugliese, dove si va alla scoperta di fari e torri di avvistamento, per ripercorrere la storia di un rapporto millenario, tra battaglie, alleanze e dominazioni che hanno mescolato e trasmesso usi, costumi, idee e dove ogni luogo ha più nomi, a ricordarne le tante vicissitudini.
La costa del Peloponneso, con le sue spiagge, le sue isole, i suoi siti archeologici, le distese di olivi, le foreste, i laghi e i golfi, è ricca di queste testimonianze che via via in questi anni vengono recuperate, restaurate e valorizzate. Luoghi come la rete di fortificazioni che racchiude Naupaktos, la Lepanto veneziana, all’entrata del golfo di Corinto, dove nel 1571 si combatté la celebre battaglia tra le flotte della Lega Santa e quelle dell’impero Ottomano. Tra i combattenti, lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, che lì fu ferito e perse la mano sinistra. La sua convalescenza a Messina, si racconta, fu l’occasione per iniziare a scrivere il Don Chisciotte. Oggi quelle mura sono un sistema affascinante e complesso di camminamenti, torri di guardia, bastioni che si inoltrano tra le case. Un itinerario tutto da percorrere a piedi, dalla collina fino al mare, dove le mura si chiudono attorno al porto cittadino. Costruito a più riprese, dall’antichità classica al periodo bizantino, fino alla prima dominazione veneziana, il sistema difensivo circonda come un abbraccio una città dalla vivace atmosfera mediterranea. Poco lontano, sul golfo di Patrasso, Missolungi racconta un altro scontro epico, quello che segnò una svolta nella lotta per l’indipendenza ellenica, nel 1824, con l’intervento di Lord Byron come testimone e sponsor della causa greca, che lì morì, non in combattimento, ma di febbre, e dove ancora si trova custodito il suo cuore.
Un’altra battaglia da manuale di storia, quella di Azio, il 2 settembre 31 a.C., lo scontro navale che concluse la guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, alleato del Regno tolemaico d’Egitto e amante di Cleopatra, riporta alle fortezze che circondano il golfo di Arta: l’insolito edificio triangolare costruito nel 1812 da Ali Pasha, il governatore ottomano detto il Leone di Joannina, usando le pietre tolte ai resti del vicino santuario di Apollo, e lo spettacolare castello di Vonitsa, che attorno a un nucleo originale del 9° secolo, raccoglie testimonianze del suo passato turbinoso, quando, insieme alla città, passò agli Angioini, agli Orsini, ai duchi di Lecce, agli Ottomani, a Venezia, quindi ad Ali Pasha, per essere infine parte dello stato greco.
Igoumenitsa di solito è considerata un attracco, un porto grazie al quale si arriva, o si riparte dalla Grecia in traghetto, o ci si imbarca per le isole jonie, che al più merita una sosta per un ristorante o un albergo. Un approccio che non le rende giustizia: il progetto CoHeN ne offre una prospettiva diversa, invitando ad esplorare le sue fortezze. Come il Castello di Igoumenitsa, sulla collina che domina la città e che ne accompagna la storia dal XV secolo. Eretto durante la dominazione veneziana, in parte distrutto durante le battaglie con i turchi, ha rovine imponenti, che affiorano da una bella pineta e offrono scorci suggestivi. Non sono monumenti storici, ma anche le spiagge di sabbia bianca di Igoumenitsa meritano una visita. Magari sulla strada per il Castello Margariti, in una valle verdissima, punteggiata di piccoli villaggi che conservano il fascino un po’ selvaggio per cui l’Epiro fu un tempo famoso. Costruita nel 1549 dagli Ottomani su rovine bizantine, la fortezza, come molte altre, ha cambiato più volte proprietario, passando nel 1571 ai veneziani e due anni dopo, in seguito ad accordi di pace, di nuovo agli Ottomani. Oggi dalle basi delle sue torri imponenti si ha una bella vista sul paese, dove un minareto superstite di una moschea ricorda il passato turco.
Da Igoumenitsa si arriva a Corfù, ultima e ricchissima tappa della parte greca dell’itinerario, dove la città storica è chiusa, a Est e a Ovest, dalle due imponenti fortezze veneziane, la Vecchia e la Nuova, che vigilano sul porto con i loro edifici e contrafforti. Complessi che raccontano e riassumono la storia della città, dai bizantini, alla lunga dominazione veneziana, fino al periodo del protettorato britannico. Ma c’è molto da vedere anche sul resto dell’isola, dove i castelli di Kassiopi, Gardiki e lo spettacolare Angelokastro, tutti in posizioni strategiche per controllare i traffici marittimi e i nemici in arrivo, tramandano racconti affascinanti e senza fine di combattimenti, assalti, assedi, abbandoni, conquiste e riconquiste.
Con l’arrivo a Bari, sono le torri costiere e i fari a diventare protagonisti di un percorso inedito che parte dal Gargano e arriva fino al Salento. La Torre di San Felice a Vieste, la Torre Calderina a Molfetta, Torre Pietra a Margherita di Savoia, e i fari di San Cataldo a Bari, di Punta Palascia a Otranto e di Torre Carlo V a Ugento, sono le tappe di un percorso che ha mobilitato forti investimenti per la ristrutturazione e l’adattamento degli spazi museali, e racconta le tante vicende legate alla storia della regione e ai suoi protagonisti antichi e moderni, il pirata Dragut Reis e l’inventore Guglielmo Marconi, ma svela anche un territorio pieno di sorprese.
Bari, con la città vecchia sempre più aperta al turismo e alla mondanità (giratela in bici con Velo Service), ma dove nei vicoli le donne continuano a fare le orecchiette a mano, sedute sulla soglia di casa, con la cattedrale di San Nicola, ponte tra Est e Ovest, tra cattolici e ortodossi, tra fedi e visioni e la Sala Cielo del vecchio/nuovo Kursaal. Torre Guaceto, l’area naturalistica che in una zona umida di infinita suggestione abitata fin dalla preistoria, tutela e salva le tartarughe marine; le antiche saline di Margherita di Savoia, dove si può fare birdwatching e scoprire la storia crudele di chi vi lavorava a piedi scalzi e mani nude, i cantieri navali di Molfetta dove c’è ancora un artigiano che costruisce le barche doga per doga, come un tempo, e dove associazioni di cittadini come Il Popolo Granchio vigilano su quello che rimane delle antiche tradizioni marinare. La splendida Otranto, accesa da una luce irreale, con il pavimento a mosaico della Cattedrale dell’Assunta che racconta la storia del mondo, diavoli compresi. E poi, le masserie, le spiagge che non ti aspetti, tra le pinete e le rocce, e il paesaggio che tra olivi, campagne, pietra, ricordi, è così diverso e così uguale a quello dall’altra parte del mare.
CARLA RESCHIA. Giornalista, scrittrice, al caso traduttrice, collabora con Linkiesta Si occupa di cultura, viaggi, ambiente e cibo. Viaggia ogni volta che può. Legge molto. Adora dormire, i bassotti, il cibo indiano e il sushi. Ha scritto qualche libro, su temi vari, usa con moderazione i social.