TripAdvisor consiglia ancora il primo albergo di lusso della Siria. Fondato nel 1911, devastato dalla guerra civile un secolo dopo. Era il segno della ricchezza di una famiglia armena. L’hotel è una traccia della grande storia e della tragedia del medioriente. Nelle sue stanza c’è ancora l’odore di whiskey scozzese e la nostalgia di un’antica gloria. Una fotografa italiana riesce a entrarci da una porta secondaria…
testo e foto di Isabella Balena
Credevo fosse ormai un cumulo di macerie, come la gran parte di questa magnifica città, Aleppo, e invece, all’improvviso, mi appare nella luce dorata di un pomeriggio. “Questo è l’Hotel Baron” mi dicono i miei due accompagnatori, l’archeologo Mohammad Aziz Ali e Najeeb Khayat, una ex-guida turistica. Oggi lavorano per la ong Terre des hommes. Nella mia mente scorre la storia del medio-oriente degli ultimi centocinquant’anni.
Il Baron’s Hotel non è solo un albergo, il primo da queste parti ad essere pensato con confort occidentali, ma è anche la storia tragica e magnifica della Mesopotamia. Sulla porta d’ingresso è incisa la data di fondazione, 1911 e in francese e arabo si legge Mazloumian Frères. I fratelli Mazloumian, armeni. Si affaccia ancora sulla Baron street di Aleppo.
Nella stratificazione storica, evidente in ogni pietra di questa città, una delle più antiche al mondo e crocevia delle carovane mercantili tra oriente e occidente, s’inserisce anche la vicenda della comunità cristiana armena. Dopo la presa di Costantinopoli, da parte dei turchi nel 1453, gli armeni fecero parte dell’Impero ottomano. Ne ne approvarono anche la Costituzione nazionale che regolava la vita all’interno delle varie comunità nell’Impero.
Ma tra il 1894 e il 1896 cominciarono le prime repressioni e massacri di massa, con arresti di vescovi e conversioni forzate. Si è parlato di circa trecentomila vittime. Con la rivoluzione dei “giovani turchi” del 1908, nonostante il movimento si presentasse come liberale e progressista, una sua parte intensificò repressioni tremende contro le comunità cristiane con arresti di notabili e intellettuali armeni, culminate nel genocidio del 1915. Gli Armeni vennero spinti fuori dalla Turchia con strazianti marce forzate, verso i paesi arabi e la Russia.
Il genocidio armeno non è mai stato ammesso dalla Turchia. La Siria, il 13 febbraio 2020, è stato il primo paese arabo ad approvare all’unanimità una risoluzione che ne ha riconosciuto la tragedia. Un riconoscimento però da contestualizzare nell’attuale conflitto con il potente vicino turco, sostenitore dei ribelli del nord della Siria in funzione anti Assad.
La comunità armena oggi ad Aleppo si conta in poche centinaia di persone poiché, in un viaggio senza fine, si è aggiunta la diaspora di oggi a ritroso verso i vicini paesi Armenia ed Europa dovuta al conflitto tutt’ora in corso.
Sono entrata, senza permesso, all’hotel Baron. Ho trovato una porta laterale aperta e non ho resistito. Gli occhi hanno fatto fatica ad orientarsi nel buio. Si percepisce entrando un forte odore di whiskey e a poco a poco per terra e sui tavoli appaiono vecchie bottiglie impolverate.
Se si cerca online, l’hotel appare ancora tra le recensioni di Tripadvisor (molto buono!) e si vedono foto di prima della guerra.
Un calendario appoggiato su un tavolo di quella che doveva essere la sala da pranzo è fermo all’anno 2011, l’inizio della guerra in Siria, di cui le ultime stime parlano di cinquecentomila morti, ma a giudicare dalla distruzione che si vede in città e in generale in Siria, forse la stima è per difetto.
In questi ultimi anni, invece dei turisti, le stanze hanno accolto sfollati interni, gente rimasta senza casa a causa dello spaventoso conflitto, al quale si è aggiunto il terribile terremoto del 6 febbraio 2023. Abbandonati sui pavimenti tracce di abiti e di scarpe, materassi stesi a terra o sui letti sfondati. Il mobilio originale rimasto non è sontuoso ma pratico, fatto per veri viaggiatori. Qui è passata la storia politica, artistica e anche un po’ romantica dell’Europa e di questo Paese. Qui soggiornavano Lawrence d’Arabia e Re Faysal intrecciati nella complessa politica anti-ottomana durante il Primo conflitto Mondiale, Agatha Christie con il marito archeologo e recentemente le spedizioni archeologiche italiane di Paolo Matthie, scopritore di Ebla.
Nell’odore che permane, si avverte l’atmosfera di quegli anni, quando i bei pavimenti erano ricoperti di tappeti e nel bar si sorseggiava whiskey scozzese indossando completi di lino bianco e Panama in paglia. Ma un cartello appoggiato alla porta d’ingresso riferito al centenario della fondazione dell’albergo 1922-2011, ci ricorda che il tempo si è fermato anche a quel tragico febbraio del 2011, quando la scintilla della guerra scoppiata ad Homs non si è fermata, portando morte e distruzione in un paese magnifico. Tracce ancora di antico splendore si scorgono negli interni, nelle decorazioni degli archi. Un pianoforte giace silenzioso in un angolo impolverato.
Nel bancone del bar vecchie teiere in ceramica portano i segni del tempo, sbeccate e ammaccate, nessuno ha più rinnovato il corredo, non essendoci visitatori che ne possano usufruire. Rimane parte del mobilio, sedie d’epoca degli anni Venti e Trenta sono accatastate in fondo alla sala di quello che doveva essere il ristorante.
La concierge è ancora lì, fogli sui tavoli e ricevute sparse, le chiavi delle stanze appese. Nella casella della stanza 213 è rimasta una busta chiusa. Forse il conto dell’albergo, forse una lettera. Non lo sapremo mai, non ho avuto il coraggio di spostarla né di aprirla.