Giovanna ama le stelle. Le insegue con una macchina fotografica, applaude ai loro girotondi: una notte ha invitato il gigante dell’Appenino ad alzare lo sguardo verso il cielo. Lo ha convinto e ora ci spiega i suoi segreti

Testo e foto di Giovanna Folicaldi

Le uscite notturne richiedono sempre molta programmazione, a cominciare dal luogo scelto per poi valutare altri fattori: i giorni della luna calante (se si vogliono fotografare le stelle), il punto del cielo dove si trova la stella Polare, l’umidità dell’aria e le condizioni meteo. E’ fondamentale infatti che il cielo sia senza nuvole.

Avevo adocchiato da tempo il Colosso dell’Appennino, imponente statua del Giambologna nel parco della Villa Medicea di Pratolino, alle porte di Firenze. Mi piaceva molto, e sapevo, che nonostante la fitta vegetazione che lo circonda, sarebbe stato un buon soggetto per una notturna.

Feci due sopralluoghi di giorno: una prima volta per capire dove posizionarmi e la lente migliore da usare, la seconda tornai per valutare la fioritura dei fiori di loto della grande vasca ai piedi della statua, desideravo infatti che alcuni boccioli fossero già schiusi. 

La statua è alta 14 metri, i fiori di loto sono circa un metro e più: nonostante la magnificenza e l’imponenza del soggetto e delle piante, se volevo inquadrare tutto l’insieme dovevo scegliere un 14 millimetri, nonostante sacrificasse un po’ la situazione complessiva.

La notte designata fu quella del 21 agosto 2020. Il cielo era terso, senza una nuvola, la temperatura era ottimale per godersi una bella notturna. Sistemai l’attrezzatura, scattai alcune foto alla Via Lattea, poi iniziai lo startrail. Me ne stavo in piedi, ferma, vicina al treppiedi, quando decisi di aspettare seduta in macchina il termine del tempo dello strartrail, che con un 14 mm impiegava un po’ più del consueto 24 mm per riempire di stelle il cielo notturno dell’inquadratura. Non ricordo il motivo per cui, una volta salita in macchina con il quadro acceso, misi il piede sullo stop illuminando così di rosso la scena, ma accadde. Non appena realizzai quello che avevo fatto, inquinare alcune foto con una luce rossa estranea al paesaggio a discapito della purezza delle immagini, iniziai il mea culpa chiedendo venia a me stessa per il fatale errore. Sconsolata, al termine del tempo di scatto programmato, me ne tornai mesta a casa pensando alla svista commessa. Più tardi, quando ho rivisto le foto, ho capito che quell’impercettibile tocco di rosso sui fiori loto dona vivacità all’immagine.

Questa foto è stata scattata due anni e mezzo fa. Il 21 agosto del 2020 – 190 foto in 1h 40m circa

Iso 800 14-24@14.0 mm f/2,8 30,00s esposizione posticipata di 3s

(Questa foto è un piccolo mistero. Non ricordo come ho conosciuto Giovanna Folicaldi. So che dopo uno scambio di telefonate ci trovammo in un bar di Borgo San Frediano a Firenze. Lei mi parlò delle stelle che fotografava. Stava per partire per il Cile, un lavoro sugli osservatori nelle Ande. Se ricordo bene, voleva fotografare le donne astronome. Qualche settimana dopo il nostro incontro mi arrivò la foto che vedete in questo articolo. Foto molto bella. Era destinata alla rubrica ‘Una foto, una storia’ della rivista Erodoto108, l’edizione di carta. Poi accadde che la rivista non uscì, l’avventura cartacea si interrompeva e la nostra fragile barchetta si arenò in un banco di sabbia. Non ho più rivisto Giovanna, non so come rintracciarla, non mi sono mai scusato per la mancata pubblicazione della foto. Oggi, primo giorno dell’anno, ho deciso che quella foto doveva essere almeno vista dai nostri tre lettori. Mi appariva il miglior augurio per l’anno che è davanti a noi. Mi appariva un invito a imparare dalla stelle la possibilità di una pace che ora ci sembra impossibile. E la statua del Gigante, i fiori di loro e l’impercettibile tocco di rosso sono un possibile talismano per i mesi a venire). Ah, ho provato a cercare Giovanna nel mondo del web e non l’ho trovata: mi sto chiedendo, che confusione avrò combinato, spero che lei mi e ci perdoni la nostra impudenza. Avrei voluto almeno dirle che la foto e il suo testo non è andato perduto)