di Ruggero Da Ros.
Ottenuto l’anno sabbatico, tra perplessità e paure, Paola ed io siamo partiti via terra verso l’India utilizzando qualsiasi mezzo pubblico, purché non fosse un aereo. Da Venezia siamo andati in Turchia via nave, poi Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan e finalmente in Cina, dove ci siamo trovati il Tibet completamente chiuso agli stranieri, così abbiamo dovuto escludere l’ingresso in India attraverso il Nepal. Dalla Cina siamo passati in Laos e quindi a Bangkok, dopo esattamente tre mesi di viaggio e quasi 26.000 km percorsi. Non abbiamo potuto evitare un volo aereo dalla capitale della Thailandia fino a Calcutta, perché i confini terrestri della Birmania sono chiusi.
Siamo arrivati a Varanasi, la città sacra sul Gange, per fare un’esperienza di volontariato nella scuola di Valentino Giacomin, un trevigiano venuto in India una ventina di anni fa per continuare l’esperienza del “Progetto Alice”, già sperimentata con successo in Italia insieme alla collega Luigina De Biasi, anche lei di Treviso.
Non sapevamo niente di questo nuovo paradigma educativo, ma già dal primo momento, entrando nel bel cortile della scuola pieno di alberi, con uno stupa buddista al centro, un altare cristiano ed un tempio induista ai lati, abbiamo capito che era un posto particolare. Come Alice nel paese delle meraviglie, in questa scuola i ragazzi vengono portati alla scoperta della loro interiorità, di un mondo misterioso e complesso di percezioni, sensazioni, emozioni e sentimenti
Ci ha colpito la loro serenità e, soprattutto, l’assenza del bullismo, presente invece nelle altre scuole. Inoltre, le capacità di attenzione e di concentrazione durante le ore di lezione sono decisamente buone. Come docente, mi sono occupato per molti anni di questi problemi nel liceo italiano dove insegno ed è veramente interessante come queste due persone siano riuscite a risolvere problemi che il nostro paese affronta da anni, senza risultati significativi.
Nella struttura intorno al cortile, costruita da Valentino nel 1994 con i soldi della liquidazione della sua pensione, più altre donazioni, vengono ospitati quasi 900 ragazzi, dalle elementari alle superiori. Oltre il 70% di loro proviene da famiglie povere o molto povere che talvolta non possono nemmeno permettersi la simbolica retta mensile di 20 rupie (28 centesimi di euro!). Sono molte le ragazze che vengono a scuola solo perché è completamente gratuita, altrimenti rimarrebbero analfabete. Le famiglie non avrebbero nessuna convenienza a spendere soldi per farle studiare, visto che già dovranno indebitarsi per la dote.
La biblioteca della scuola è piena di libri, in italiano, inglese e hindi, che Valentino ha scritto in tutti questi anni e alcuni sono adottati come testi scolastici da affiancare a quelli tradizionali. In Italia spesso si discute sulla presenza del crocifisso in classe, mentre in qui, sopra ogni lavagna, ci sono i simboli delle quattro religioni più importanti per quest’area: Buddha, Shiva, il Crocifisso e l’immagine della Mecca. Una cosa simile succede all’esterno, con grandi immagini di serenità appese alle pareti abbinate a frasi di grandi pensatori. Il tutto per evidenziare l’Unità dentro e fuori di noi, e con tutti gli altri, al di là delle differenze sociali, di fede e di razza.
In classe si lavora molto sulle emozioni e su come nascono e si evolvono i pensieri, perché alcuni di questi vanno e vengono tranquillamente nella nostra mente, mentre altri diventano così dominanti da impadronirsi completamente di essa. Attraverso la meditazione, e lo yoga, i ragazzi imparano a concentrarsi e a descrivere le cose che vedono senza condizionarle con il loro vissuto, in modo che la loro mente possa assomigliare ad uno specchio che riflettere senza deformare. Spesso le tristezze sono dovute proprio all’incapacità di vedere le cose in modo obiettivo.
Oltre a questa scuola, è stata aperta una nuova sede a Bodhgaya, nello stato del Bihar, in parte autogestita dagli studenti. Una terza scuola, per la minoranza etnica Chakma, si trova nello stato dell’Arunachal Pradesh. La metodologia del Progetto Alice è stata adottata con successo dalla scuola Aghoreshwar di Varanasi, in alcune scuole tibetane in Ladakh e ha progetti pilota in Italia, Taiwan, America, Colombia e Francia. Le tre scuole aperte da Valentino non ricevono finanziamenti dallo stato, ma sopravvivono attraverso donazioni, sponsor e adozioni a distanza dei bambini.
Il Progetto Alice è impegnato anche in numerose attività sociali a favore delle donne, delle bambine, delle classi sociali più svantaggiate e delle minoranze etniche perseguitate, come i Chakma, profughi buddhisti provenienti dal Bangladesh. Nella scuola hanno trovato lavoro delle vedove, rifiutate sia dalla famiglia d’origine che da quella dell’ex marito. Una volta queste donne si buttavano nella pira ardente insieme al defunto, ora tale prassi è vietata, ma quelle che sopravvivono vengono considerate comunque impure e di conseguenza emarginate.
La situazione delle bambine è particolarmente critica. La loro nascita, per le povere famiglie indiane, è una disgrazia, tanto che vengono talvolta uccise dalla stessa madre o dalla suocera. Valentino mi racconta che mentre stava facendo visita alla casa di uno studente, si accorse di un fagottino pieno di mosche buttato nell’angolo, era una bambina, ammalata secondo la madre. La portò dal medico il quale disse che non aveva nessuna malattia, stava solo morendo di fame. Il ragazzo era bello pasciuto e la sorella veniva fatta morire di fame dalla madre, attribuendo la colpa ad una presunta malattia, così era giustificata verso gli altri.
Tornando alle classi, riporto un semplice esempio del metodo “Alice”: ai bambini della primaria, durante l’appello mattutino, viene chiesto di scegliere una pallina gialla, bianca o nera, a seconda di come si sentono in quel momento: felici, molto felici o tristi. Un utile esercizio di introspezione.
E tu, di quale colore sceglieresti la pallina oggi?
Varanasi, India – 03 gennaio 2013
Ruggero Da Ros
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Sito della scuola: www.aliceproject.org
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