[frame src=”https://www.erodoto108.com/wp-content/uploads/2012/06/Uomini-e-asini-uomini-e-lupi-01.jpg” width=”274″ height=”auto” lightbox=”on” title=”Uomini e asini (uomini e lupi)” align=”left” ]
Il 22 settembre 1878 Robert Luis Stevenson, ventisettenne, partì da Le Monastir (Alta Loira) a dorso di un’asina di nome Modestine e attraversò le montagne del sud della Francia, nella regione di Cevennes, finendo il viaggio il 4 ottobre a Saint-Jean-du-Gard. Un viaggio breve, quindi, e, tutto sommato, un viaggio in terre normali; non si tratta dell’Oriente favoloso e mirabolante, né dell’Africa cupa e tribale: eppure è questo, nella letteratura europea, uno dei primissimi racconti di viaggio, nel senso di letteratura di viaggio e non mera descrizione dei fatti alla Gran Tour. In quei tredici giorni, su e giù per montagne e valli abitate da contadini e da lupi, Stevenson compilò un taccuino, con l’intenzione di ricavarne poi un libro. Viaggiare non è complicato, ce lo ricorda l’autore stesso; basta uscire di casa, senza la pretesa di volere o doverci ritornare, e ci si accorge che il mondo è abbastanza accogliente e abitabile; che il viaggio sia interessante o no, dipende da come lo si racconta una volta tornati indietro. Forse viaggiare è superfluo, se si sa scrivere.
Non è dato sapere perché Stevenson abbia deciso di intraprendere questo viaggio e proprio nelle Cevennes, ma sembra che il motivo principale sia di natura sentimentale. Fanny Osbourne, la donna sposata con la quale aveva una relazione e che voleva sposare, era tornata da pochi giorni in America dal marito, dal quale stava per divorziare, per risolvere alcune questioni di denaro, ed è possibile che Stevenson si sia rifugiato nella solitudine di un viaggio per distrarsi da questa complicata relazione; forse a Fanny pensava in una notte solitaria nella foresta, quando scrisse “c’è una compagnia ancora più tranquilla della solitudine e che, rettamente intesa, è la solitudine resa perfetta: e vivere all’aria aperta con la donna che si ama è, tra tutte le vite, quella più completa e libera”.
Stevenson non dice una parola sulla sua relazione, se lo avesse fatto forse ora Travels with a Donkey non sarebbe incluso nella letteratura di viaggio; ma come non pensare che stia mentendo, o, per meglio dire, che stia facendo un puro esercizio di stile, quando scrive “viaggio unicamente per viaggiare”, e continua “ l’essenziale è muoversi, provare più da vicino i bisogni e le difficoltà della vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentire sotto i piedi il granito della terra, disseminato di pietre taglienti”; lo ringraziamo perché ci ha lasciato parole perfette da trascrivere in una rivista di letteratura di viaggio, ma forse non gli crediamo.
Non è un caso se in un racconto che a modo suo celebra la vita in solitaria in aperta campagna e il ritorno alla natura, i personaggi più vivi siano gli animali, a partire dall’asinella Modestine, co-protagonista del viaggio e del libro, tanto da essere inserita nel titolo. E poi ci sono i lupi che abitano le Cevennes. Personalmente Stevenson non ne vede nessuno (e un po’ se ne rammarica) ma gli vengono raccontate da alcuni contadini le vicende di famosi lupi del passato.
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Testo di Valentina Cabiale | Foto di Francesco Mariotti