Bucarest, visita al palazzo che appartenne a Nicolae Ceausescu

Testo e foto di Marco Turini

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Il Palazzo del Parlamento,  il Palatul Parlamentului, è il secondo palazzo al mondo per grandezza. Il primo è il Pentagono, a Washington. Con una superficie di 340.000 m², oltre tremila stanze e più di sessantaquattro saloni è un mastodontico monumento politico alla vanagloria umana. Oggi è la sede del parlamento rumeno ed il museo di se stesso, qualche anno fa invece era il centro amministrativo della Repubblica Socialista della Romania. L’edificio era conosciuto come la Casa Poporului , la Casa del Popolo. Anche se, nella sostanza era la residenza personale di Nicolae Ceauşescu, l’uomo che per oltre vent’anni, dal 1967 al 1989, è stato il Signore della Romania. Un enorme ‘leviatano’ di marmo e cemento dedicato al culto della persona. Costruire questo palazzo ha richiesto la demolizione di circa un quinto dei quartieri storici di Bucarest.

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La costruzione dell’edificio è cominciata appena trent’anni fa. Nel 1984. Eppure ricorda Versailles o Palazzo Pitti per come si presenta agli occhi di chi lo osserva. L’architettura in questo caso si fa politica, la pietra diventa inchiostro con cui scrivere un messaggio molto chiaro. Qui si deteneva (e si celebrava) il Potere, e la cosa diventa immediatamente percettibile non appena si percorrono le prime scalinatedopo il consueto controllo dei documenti e il passaggio sotto il metal detector. I servizi di sicurezza servono a monitorare le centinaia di visitatori che ogni giorno percorrono le sue sale così come i dipendenti e i parlamentari che vi lavorano durante la settimana.

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Ceauşescu ha partecipato attivamente alla pianificazione del palazzo.  Ha curato personalmente la mobilia e gli ornamenti, ma anche tutte le misure atte a preservare la sua persona contro possibili attentati. Ceauşescu tenne conto di tantissimi aspetti estetici e pratici. Per l’arredamento del palazzo furono impiegati: 900.000 metri cubi di legno per parquet e per i rivestimenti (tra cui noce, quercia, ciliegio e olmo), 200.000 m² di tappeti di lana di varie dimensioni; tende in velluto e broccato per decorare le finestre, oltre settecentomila tonnellate di acciaio e bronzo per completare le gigantesche porte e finestre e più di tremila e cinquecento tonnellate di cristallo per i grandi lampadari.

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Per quanto riguarda l’aereazione, un gigantesco sistema di tubature attraversava in lungo e largo tutto il palazzo (partendo dalle fondamenta) portando l’aria naturalmente. Ceauşescu aveva paura di essere avvelenato attraverso gli impianti di condizionamento. La sua fine fu ben diversa. Abbattuta la dittatura dovette fuggire dal suo lussuoso palazzo di marmo senza potersi voltarsi indietro. Fu presto riconosciuto, catturato, processato e giustiziato pochi minuti dopo la sua condanna assieme alla moglie Elena. L’esecuzione fu affidata a un plotone d’esecuzione di soldati scelti e volontari. Fu ordinato di non colpire al volto il tiranno: bisognava mostrare un cadavere riconoscibile al mondo, un riguardo che nessuno ebbe nei confronti della moglie. I coniugi Ceauşescu finirono la loro fuga sotto più cento colpi di kalashnikov.

Ceauşescu venne abbandonato dagli alti funzionari che lui stesso aveva nominato.  Alcuni membri del vecchio partito comunista siedono ancora adesso nel Parlamento rumeno. Gli stessi personaggi sono ancora hanno ancora incarichi pubblici, ma stavolta con una nuova casacca, quella della ‘libertà’ e della ‘democrazia’.

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Ma continuiamo la visita del palazzo. Percorrendo le ampie sale si intuisce che gli ambienti riflettono una visione megalomane e seguono un progetto architettonico ben preciso. L’architettura diventa propaganda, la planimetria si trasforma in un alfabeto per comunicare. Dal pavimento tirato a lucido risaltano degli intrecci di figure geometriche che convergono verso una forma quadrangolare più grande. Il disegno è in realtà la mappa stessa del palazzo che è progettato attorno ad un salone centrale ovvero la Sala dell’Unione (circa tremila metri quadrati), il principale spazio di ricevimento. Visitiamo i saloni per gli ospiti dove si trovano fra i più grandi tappeti al mondo (duecentomila metri quadrati del palazzo sono coperti da tappeti). Quello più grande (largo diverse decine di metri) veniva srotolato solamente in alcune occasioni particolari per evitare che si danneggiasse calpestandolo.

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Dopo alcune lunghe passeggiate all’interno dei lunghi corridoi raggiungiamo i piani più alti. Dal piano terra  i visitatori possono raggiungere la terrazza esclusivamente attraverso un enorme ascensore manovrato da un addetto. Capienza 14 persone. L’addetto all’ascensore è un mestiere di cui avevo perso le tracce in qualche film americano sugli anni ’30. Solo un sistema con un passato totalitarista (o squisitamente capitalista) potrebbe concepire un impiego simile. Otto ore al giorno a premere due bottoni ed accogliere le orde di turisti che ogni giorno si stringono fra quattro pareti metalliche meritano comunque rispetto e anche comprensione.

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Arrivati sulla terrazza ci può rendere conto di come chi deteneva il potere osservava chi lo subiva.  Il panorama è impressionante. Accanto a palazzi vecchi di secoli compaiono enormi grattacieli di nuova costruzione. Un grande viale come un’accetta taglia in due la città.  Questa è la strada che partiva dal palazzo verso il centro di Bucarest. Ceauşescu, assieme alla moglie Elena, si affacciava dal balcone per tenere i suoi discorsi al popolo rumeno e al mondo. Dopo la caduta del leader solo altre due persone ‘eminenti’ hanno parlato pubblicamente da questo terrazzo. Papa Wojtyla e Michael Jackson. Indovinate chi è stato investito dal bagno di folla più grande?… Sbagliato. Potere alla musica.

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Il panorama dal Palazzo aiuta a comprendere la politica urbanistica di Ceausescu. Bucarest venne sventrata, da un lato all’altro, da viali giganteschi. Molti palazzi storici furono demoliti. L’abbattimento di tutto ciò che era considerato vecchio faceva parte del messaggio politico di Ceauşescu. Come se l’immobilità economica e produttiva della Romania fosse da imputare ad un passato ormai diventato obsoleto, come se anche il patrimonio storico artistico ed architettonico fosse ormai un impedimento al cambiamento e al progresso.

Oggi Bucarest, a colpi di capitali e investimenti stranieri, si sta espandendo come una fisarmonica. La Romania oggi attira le delocalizzazioni industriali dell’Occidente. Nuovi palazzi, grattacieli, uffici, centri commerciali hanno cambiato la skyline della città.

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Dalla terrazza scendiamo adesso nei sotterranei del palazzo. Ci dirigiamo verso le sue fondamenta. Qui è il bunker antinucleare che Ceauşescu aveva fatto edificare nel timore di attacchi missilistici. La sua vita non deve essere stata molto facile. Il potere è figlio della paura e le precauzioni non sono mai troppe. Da qui si diramano come vasi sanguigni le gigantesche tubature che attraversano il palazzo.  Qua risiede la faccia nascosta del palazzo, quella per gli “addetti ai lavori”, gli operai (almeno ventimila) che in questi sotterranei lavoravano, 24 ore su 24, fino all’ultimo giorno della dittatura. I giorni di lavoro venivano contati con linee graffite sui muri. Come in una prigione.

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Non so se il senso di questa follia risieda nelle viscere o nel cuore di questo palazzo. Quello che capisco, vedendo i parlamentari che ogni giorno si dirigono al loro ufficio, è che il luogo del Potere non è cambiato. Alcuni membri che risiedono oggi  nel parlamento sono le stesse persone che calpestavano i luccicanti pavimenti negli anni del regime. Ma sono bastati pochi anni ed un goffo colpo di spugna per riabilitare il palazzo-residenza ad un parlamento-museo. Con il tempo si perdona tutto … o quasi.