Testo di Marco Turini. 

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Adriano Favole

Cosa vuol dire veramente viaggiare? E di conseguenza cosa vuol dire raccontare dei propri viaggi? Qual è la connessione tra una relazione antropologica di un paese e la semplice descrizione di viaggio? Quali (e quante) sono le categorie con cui si descrivono alcuni comportamenti e costumi umani? E più banalmente, qual è la differenza tra turista e viaggiatore?

Ce lo spiega Adriano Favole, relatore d’eccezione ai Dialoghi sull’Uomo. Docente di Storia dell’Antropologia ed Etnologia dell’Oceania all’Università di Torino con alle spalle anni di ricerca “sul campo” e membro autorevole di numerose associazioni accademiche di settore.  Solo il nome di questo “personaggio” evoca una sana curiosità di racconti su mondi “lontani”, o quantomeno distanti dalla nostra Cultura e dai nostri schemi mentali. Proprio su questa “distanza” fra popoli apparentemente  molto diversi si è incentrata la bella relazione del professor Favole.

Il docente ci parla delle prime spedizioni antropologiche realizzate in epoca storica fino ad Oggi, dalle prime missioni evangelizzatrici, alle colonie sparse in tutta l’Oceania e non solo. Attraverso i numerosi resoconti di “viaggio” dei protagonisti di queste spedizioni siamo venuti a conoscenza nell’arco dei secoli di usi e costumi di altre etnie, dalle religioni alle tradizioni culinarie passando per l’abbigliamento (eventuale) ed i rituali più distintivi. Ma quante di queste descrizioni raccontano veramente dell’Altro? Quanti di questi resoconti riescono ad essere veramente oggettivi e a privarsi della tediosa autoreferenzialità che contraddistingue le numerose pubblicazioni di viaggio su luoghi “esotici e sperduti”?

In realtà descrivendo gli altri attraverso il filtro delle proprie conoscenze, categorie  e perché no, pregiudizi, forniamo moltissime informazioni sulla propria Cultura, sul nostro modo di vedere il “mondo”.

Se però capovolgiamo la posizione di osservazione ci accorgiamo che anche l’Altro ha un punto di vista , e che acquisisce naturalmente un “diritto di replica”. Anche l’Altro ha delle categorie in cui incanalare le informazioni ricevute dall’esame del suo interlocutore. Se vogliamo, anche gli indigeni incontrati in queste spedizioni si sono improvvisati “antropologi” e hanno cercato di capire chi avevano di fronte. Così capita spesso che nei secoli delle grandi scoperte geografiche gli studiosi che si trovavano in Nuova Guinea si siano ritrovati involontariamente ad essere “studiati” da parte dei nativi. È la comunità indigena che durante una convivenza forzata e lunga anche mesi chiede di essere intrattenuta con storie ed informazioni utili a comprendere meglio l’origine dei propri ospiti.

È questo “il gioco di specchi”, sostiene Adriano Favole. E succede frequentemente che questi specchi non restituiscano mai una realtà oggettiva, ma piuttosto una visione stereotipata ed influenzata dalle conoscenze pregresse. Diventa quindi ancora più difficile Oggi, con una Globalizzazione in atto ed un’interculturalità diffusa,  riuscire a descrivere una popolazione con la dovuta obiettività.

Fin dall’antichità l’Uomo ha influenzato ed stato influenzato da altre Culture, dagli scambi commerciali, dal Colonialismo (in tutte le sue forme), dalle Guerre e dalle relazioni sociali. Si è creato un intreccio, una  stratificazione sempre più fitta che ha generato a sua volta nuove culture… e continua a farlo.

Come facciamo a comprendere Oggi le persone che abbiamo di fronte? È molto semplice: interagendo e condividendo le proprie esperienze (e non nascondendosi dietro ad un taccuino od una macchina fotografica). Cambiando la prospettiva  e provando a capire il punto di vista dell’altro. Ed è solo allora che si viene a scoprire che culture apparentemente lontanissime hanno in realtà molto più in comune di quanto si immagini. Che di base condividono gli stessi valori, timori ed aspettative. Ed è qui che rientra in campo il “gioco di specchi”, meccanismo in cui ci riflettiamo negli altri per ritrovare se stessi.

Quella appena enunciata non era una “lezione di antropologia”, ma la storia stessa dell’umanità che continua il suo viaggio, semplicemente… all’infinito.

© Eric Lafforgue
www.ericlafforgue.com

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Bibliografia di Adriano Favole: La palma del potere (Il Segnalibro, 2000); Isole nella corrente (La ricerca folklorica, Grafo, 2007); Resti di umanitàVita sociale del corpo dopo la morte (2003), Oceania. Isole di creatività culturale (2010) per Editori Laterza.

Ha curato l’edizione italiana di Per un’antropologia non egemonica. Il Manifesto di Losanna (con F. Saillant, M. Kilani, F. Graezer Bideau, elèuthera, 2012).