Testo di Paolo Rausa
Il Khyber Pass tra l’India e l’Afghanistan, Jallabad, Kabul, Kandahar, il Tagikistan, il Kirghizistan, il deserto del Turkmenistan, l’Uzbekistan, Samarcanda, Buchara, la Via delle Spezie, il Kazakistan, l’Indo, l’Amu Darya, un vasto territorio nell’Asia Centrale percorso da Alessandro Magno che aveva fondato Herat già nel 326 a.C., la Bactriana, la Sogdiana, che aveva sperimentato l’arte del Gandhara, una fusione eccelsa tra l’arte indiana e quella ellenistica, storia e geografia: tutto questo sta dietro il Grande Gioco. Fallito il suo tentativo di fondere l’Oriente e l’Occidente in un impero universale, questo territorio non conobbe mai pace. Attraversato dalle scorrerie degli Unni, dei Mongoli di Gengis Khan, abitato da popolazioni dedite alla pastorizia, al nomadismo che trovavano sulle montagne riparo dalle invasioni straniere. Nel 1842 è l’esercito di Sua Maestà Britannica a subire il primo disastro militare, una spedizione allestita al seguito di cartografi del National Geographic, inviata per esplorare i passi che mettevano in comunicazione i territori desertici con l’India e la Cina, lungo le vie carovaniere delle spezie e della seta. Un’area su cui intervennero in una serie di scontri gli imperi e i vari sultanati e i regni di Gran Bretagna, Russa, Persia, in un Grande Gioco come se fosse una scacchiera che ha visto trionfare ora l’uno ora l’altro dei contendenti e alla fine tutti perdere.
Da qui prende le mosse lo spettacolo teatrale ‘Il Grande Gioco’, in programmazione al Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 5 febbraio, tratto dal saggio storico romanzato di Peter Hopkink del 1990, a lungo corrispondente in Asia del ‘Dayly express’ e del ‘Times’. Il progetto teatrale è frutto della drammaturgia anglosassone da cui il Teatro dell’Elfo con la regia di Ferdinando Bruni ed Elio de Capitani ha preso i primi 5 episodi, che vanno dalla prima grande sconfitta inglese del 1842 nella tragica ritirata di Jalalabad fino al 1996 nella Kabul occupata dai talebani. In meno di tre ore lo spettacolo attraversa 150 anni di storia. Questi episodi raccontano e rappresentano le fasi salienti dello sviluppo spionistico, delle vittorie alternate alle sconfitte, dello spirito indomito delle varie etnie pashtun che si alleano e si combattono fra di loro ma uniti contro il nemico comune, ieri gli inglesi e i russi, che falliscono il tentativo di sottomettere il paese, costretti a ritirare l’armata rossa forte di 90 mila soldati davanti alla resistenza afghana dei pershmerga, sostenuta dalle armi americane. Il Grande Gioco come sappiamo poi si è allargato tragicamente fino a comprendere e coinvolgere tutto il mondo. Le quinte di scena costituite da tendaggi ad anelli costituiscono le pareti su cui via via si alternano gli stupendi paesaggi naturali montuosi dei passi o quelli ovattati delle corti in cui si confabula e si definiscono confini virtuali di uno stato che non si è mai sentito tale e che forse solo sotto Massud, il leone gentile del Panshir, – come ci ha raccontato nelle sue interviste Ettore Mo – avrebbe potuto realizzare la sua unità ma fu per questo annientato dai talebani. Molto bravi gli attori e densi e coinvolgenti i dialoghi, mentre si dipana sotto i nostri occhi la storia raccontata da protagonisti e vittime di fatti che attendono ancora una pacifica conclusione.
Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, Milano. Martedì-sabato ore 20,00; domenica ore 15,30. Info: tel. 02 00660606, biglietteria@elfo.org.