Testo e foto di Irene Lodo
Nella parte di territorio che comprende il triangolo Buenos Aires, LaPaz, Santiago molte donne si avvolgono in grossi, colorati, resistenti pezzi di stoffa. Li usano per trasportare qualsiasi cosa: frutta, bambini, legno, pietre, fiori, mercanzia di produzione cinese da rivendere al mercato, uova. Spesso con la stessa stoffa rettangolare si realizzano borse, zaini, marsupi e portafogli.
In casa li troviamo sopra tavole apparecchiate e a tappezzare le pareti per mantenere il calore.
La stoffa che compone queste fasce-portatutto si chiama Aguayo ed è un tessile elaborato dalla lana di pecora, alpaca o lama al quale si da colore con tinture naturali. L’Aguayo ha una tradizione secolare: la leggenda che soffia tra le vie di Cafajate e Salta, così come tra i vicoli di LaPaz sempre in pendenza, è quella per cui le popolazioni che vivevano a confine tra Cile, Argentina e Bolivia un tempo, prima della colonizzazione e prima quindi delle guerre intestine che han portato forti spaccature sociali, tessevano stoffe rettangari creando su di esse geometrie che osservavano guardando il cielo.
Popolo di cultura millenaria, gli Aymara consideravano l’Aguayo un libro da leggere attraverso simboli e colori che raccontano i giorni migliori dell’anno, i tempi di pioggia e quelli di raccolto, i disastri o le benedizioni ricevute dalla natura. È così incredibile questo linguaggio che persino predice il prossimo clima.
L’arte della filatura si trasforma in un libro in cui il trascorrere dei giorni è mediato da animali e tratti che possono essere compresi solo quando vengono verbalizzati dai loro progettisti.
“Una formica in un aguayo verde significa che ha piovuto molto e che le colture si sono allagate; le colline innevate sono un simbolo del freddo grezzo e frequente; le strisce blu rappresentano i fiumi e la pernice e il rospo sono animali che simboleggiano la siccità “, si legge in un articolo su El Pais, nel Settembre 2018.
Trovare un Aguayo artigianale, oggi, sembra essere una missione quasi impossibile.
Moltissime signore colorate raccontano che per tessere un Aguayo artigianale occorono dai 4 ai 6 mesi: la produzione artigianale in questa parte del Sudamerica sta lentamente scomparendo a causa della così detta “esportazione dell’artigiania”. Produrre materiale e oggetti tessili in Perù costa 1/5 rispetto che in Chile e Argentina e così tutte le persone che precedentemente producevano localmente artigianato ora ordinano comodamente via internet un carico di Aguayo direttamente dai vicini di casa, più economici, veloci e soprattutto molto attenti al rapporto al quantità-prezzo.
Spendendo la metà e non passando neanche un secondo davanti al telaio si guadagna il doppio spacciando l’artigianato made in Peru come artigianato locale intrisa di tradizione.
Ciò che fortunatamente non del tutto muore si trasforma e prende forme differenti.È il caso dell’Aguayo: nell’arte, nella moda e specialmente in architettura i disegni celesti tessuti da abili mani diventano abiti di Missoni e imponenti, sgargianti palazzi di ricchi quartieri a confine tra Argentina e Bolivia.