Testo e foto di Letizia Sgalambro
Ci sono tanti modi per raccontare Aliano e la festa La luna e i calanchi che si è svolta dal 20 al 25 Agosto.
Nel modo ufficiale si deve parlare di paesologia, del gruppo legato a Franco Arminio e alla sua utopia realizzata in questo piccolo paese lucano dove in pochi giorni accade l’impossibile: centinaia di persone che condividono un modo diverso di vivere la politica e le relazioni. La versione ufficiale racconta dei parlamenti, degli interventi di diversi esponenti della cultura italiana, dei concerti, di una festa che non si ferma mai, neanche la notte, anzi proprio la notte è viva.
A me però piace raccontare Aliano partendo dalle piccole cose, lontana dagli affollamenti. Aliano allora sono i calanchi, i panorami mozzafiato fatti di alberi e argilla, il bianco e il verde che si stagliano contro l’azzurro del cielo e cambiano colore ad ogni ora del giorno e della notte.
Aliano è la sperimentazione minimale, la poesia che si fa realtà, uscendo dalle righe per far sì che la parola diventi azione.
C’è la stanza intitolata Quaderni, un’installazione che unisce la cultura primaria (quaderni di bimbi delle elementari) alla crescita di una piantina, perché un segno unico richiami al significato più profondo della crescita dell’uomo, il seme che si fa pianta e che trasporta con sé tutto il passato culturale dell’umanità.
E c’è la stanza della memoria, dove ognuno può lasciare un pensiero per chi non c’è più, ha lasciato la sua presenza fisica, ma continua ad occupare uno spazio nei nostri cuori. Senza alcuna retorica i muri e le assi sono stati riempiti di parole, che esprimono il dolore ma anche la forza della vita che va avanti.
E ci sono tante altre stanze, quella della paesologia, quella delle parole, quella dell’isolario, quella dei passi immaginati, e tante altre che non ricordo più.
Aliano è il silenzio mattutino dopo le notti passate aspettando l’alba, sono le case abbandonate che raccontano le loro storie attraverso porte rotte, cancelli chiusi, porte murate. Sono i forni a legna usati per pizzate improvvisate, sono i mini murales che colorano il paese. Sono le balle di fieno usate come sedili, il laboratorio di canto o di cartapesta, il muoversi con delicatezza e rispetto, il parlare sottovoce anche in pieno giorno per la paura di disturbare.
Aliano è la memoria di Carlo Levi che ti accompagna nel giro del paese, sono gli abitanti che hanno voglia di fermarsi a parlare con te, sono le persone che girano con un quadernino per gli appunti sempre a portata di mano, per segnarsi ogni intuizione che nasce.
Nonostante il pieno di gente e la quantità di incontri fatti La luna e i Calanchi è per me l’incontro con il vuoto che porta a toccare l’essenziale. Aliano diventa quindi un lento incontro con se stessi e con le nostre infinite possibilità. Un buon modo per affrontare l’autunno che è alle porte e il nuovo anno lavorativo che ci aspetta.