Testo e foto di Alfredo Felletti
Una nube nera da inquinamento staziona permanentemente sulla collina, da dove con po’ di immaginazione, si intravede la città di Bamako. Certo la vista non è delle migliori. Il fumo denso e plumbeo causato dall’incendio di vecchi copertoni di automobili sovrasta l’intera area del mercato. Tutti i materiali non recuperabili vengono bruciati insieme alla spazzatura. Camminando tra i tortuosi vicoli di questa piccola cittadella di periferia della capitale del Mali, tra rifiuti e bidoni pieni di olio combusto, l’aria si fa sempre più pesante. Caldo e afa non aiutano. Non è un posto per turisti questo, Bamako, la città della musica, piena di vita e colore, così pittoresca, da diventare affascinante, cambia d’aspetto. Improvvisamente ci si trova di fronte ad un girone infernale; da un lato la collina, con la discarica dei rifiuti, che sovrasta di parecchi metri il mercato. Di fronte le catapecchie che fungono da laboratori per le lavorazioni dei metalli. Questo non è solo un luogo di lavoro, qui la gente ci vive. Lungo la via principale, si aprono le botteghe dei fabbri e degli artigiani. Capannoni improvvisati, accatastati uno a fianco all’altro. Qui la specialità è soprattutto il riciclo e la trasformazione dei metalli. I martelli battono all’unisono il metallo, reso incandescente dalle fiamme delle saldatrici. Sotto una pioggia di scintille, materiali di alluminio, ferro e acciaio vengono smontati, smussati, fusi e assemblati per dare vita a qualcosa di diverso. Al riparo dal sole cocente, nei capannoni, giovani ed anziani condividono questo pesante fardello quotidiano. Gente di tutte le età, donne e bambine comprese, si aggirano sulla sommità della collina, rovistando tra la spazzatura della discarica, alla ricerca di preziosissimo metallo da fondere. Un enorme fabbrica, anzi una fonderia all’aperto, dove non si può nascondere niente.