Testo e foto di Francesco Parrella

L’impatto di un mercato del pesce al mattino è stupefacente.
Scendendo verso il porto ci s’immerge d’improvviso in una nuvola di cristalli, sotto un rumore costante di antiche macchine trita ghiaccio. Per qualche istante, come in una nebbia fitta, bisogna guardare bene dove mettere i piedi, tra l’incessante e frenetico via vai di persone a lavoro, e l’asfalto scivoloso della pavimentazione.

Sono le 3 del mattino, la città dorme, per strada solo uno sparuto numero di taxi e qualche ambulante che comincia ad ‘apparecchiare’ per la colazione del mattino. A quest’ora al San Pya Fish Market, il mercato del pesce più importante di Yangon, è il momento della piena attività. Arrivano i pescherecci di ritorno dall’oceano.
C’è da scaricare il pescato.

Ci sono decine di portatori con carichi di trenta, quaranta chili sulle spalle che fanno la spola con l’enorme capannone che ospita i banchi di centinaia di venditori e alcuni grandi broker che trattano anche il prodotto d’allevamento.
Ogni settimana vengono vendute dalle 4 alle 5 mila tonnellate di pesce, destinate in gran parte al consumo locale, di una città di 6 milioni di abitanti. E’ una catena di montaggio: chi seleziona, chi insacchetta, chi porta il ghiaccio, chi confeziona, chi carica il prodotto sui camion. In rapida successione, dalla mezzanotte al mattino. A turni si lavora, si mangia, si dorme. Tra i lavoratori anche tanti ragazzi, poco più che adolescenti. Alcuni indossano le magliette delle squadre di calcio europee più blasonate: la Premiere League e la Champions sono molto seguite anche a Yangon.


Quando il sole sorge, poco prima delle 5, al porto attraccano ormai piccoli pescherecci di ritorno dalle acque dei fiumi e anche le attività del mercato rallentano. Questa è l’ora della colazione. Gli ambulanti  preparano il Mohinga, una zuppa con noodles e brodo di pesce, un classico della cucina birmana. I raggi del sole filtrano finalmente nei capannoni illuminati dai neon. Una lunga fila di monaci ordinata e colorata passa tra i banchi del mercato prima di far rientro in monastero con le offerte raccolte nella ciotola che portano appesa al collo: il più grande apre la fila, e a scalare i monaci più giovani fino ai novizi di cinque sei anni appena. Una tradizione diffusa in tutta la Birmania. Che si ripete ad ogni ora della giornata in ogni angolo del Myanmar. Il caldo inizia a farsi sentire e il sole scotta. Lungo il porto gli ambulanti sono triplicati, i negozi hanno riaperto e il frastuono del traffico ha ripreso a vibrare. C’è più gente a quest’ora col commercio al dettaglio, ma l’atmosfera è meno vivace. Quando si potrà di nuovo tornare a viaggiare è meglio venirci ma alle 3 del mattino.  Poco più di un anno fa la pandemia ancora non c’era. Per il 2020 la Federazione della pesca del Myanmar aveva previsto esportazioni record di 1 miliardo di dollari, + 40% rispetto al 2019, ridotte poi a 350 milioni. In tutto il Paese lavorano nel settore all’incirca 3,5 milioni di persone.  Francesco Parrella