di Alessandro Morandini, archeologo
Una porta d’ingresso a mondi scomparsi e a leggende troppo belle per non essere accettate, anche se, forse, troppo ingenue per essere credute”. (Hugo Pratt, da “Rapa Nui”, in “Avevo un Appuntamento”, 1994, pag. 63).
Nel 1929, durante lavori di ristrutturazione nel Palazzo del Topkapi di Istanbul, venne ritrovata un’antica mappa in pergamena, riferibile culturalmente ad una fase febbrile dell’età delle scoperte geografiche. Le informazioni riportate sul documento stesso, oltre a recare la data di redazione, il 1513, identificano chiaramente l’opera e il suo autore: l’ammiraglio ottomano Piri Re’is, vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Nipote del temuto corsaro Kemal, ricevette anch’egli il nome di Re’is (“comandante”), dopo essersi distinto in numerose battaglie navali per coraggio e abilità.
La carta in questione è di tipo portolanico, munita di rose dei venti e scale grafiche; molto precisa per l’epoca, presenta le stesse incoerenze di altre carte simili, mostrandosi pertanto fortemente imparentata con queste; e sembra rappresentare solamente un terzo circa dell’opera originale redatta da Piri Re’is.
Il valore storico-geografico del documento è enorme: rappresenta le scoperte effettuate dagli spagnoli e dai portoghesi nell’Atlantico, nei Caraibi e lungo le coste orientali delle Americhe agli inizi del Cinquecento; sarebbe una delle prime carte a raffigurare correttamente la posizione del Nuovo mondo rispetto all’Africa, nonchè lo sviluppo costiero del sudamerica in direzione Nord – Sud.
Ricca di note, la carta di Piri Re’is presenta oltre cento toponimi riferibili in gran parte a diverse località del Nuovo mondo, testimoniando il livello e il tipo di informazioni che circolavano tra gli esploratori in quella fase delle scoperte geografiche. Tra le note si legge che per redarre tale carta erano state utilizzate alcune mappaemundi e venti mappe, tra cui quelle di Alessandro Magno e di Tolomeo oltre a quattro mappe “recenti” realizzate dai portoghesi e una appartenente a Cristoforo Colombo.
Queste informazioni sono molto preziose per inquadrare il contesto storico e geografico di questo prezioso documento, aprendo contemporaneamente numerose vie di ricerca su più direzioni e livelli, relativamente a viaggi, tecniche cartografiche, conoscenze e stato dell’arte geografica.
Un interrogativo sorto sia a geografi che a storici è come sia riuscito Piri Re’is a procurarsi tutto quel materiale e come abbia potuto ottenere informazioni tanto dettagliate quanto, per l’epoca, fresche (Colombo era sbarcato nel Nuovo mondo appena vent’anni prima, e i viaggi di esplorazione di Amerigo Vespucci risalivano ai primi anni del Cinquecento), di non facile accesso, e non solamente per gli ottomani.
È molto interessante il confronto tra questa mappa ed altre opere, tra cui ricordiamo, ad esempio, il mappamondo del 1492 del tedesco Martin Behaim, che rappresentava il profilo dell’Asia (ovviamente ancora senza le Americhe) e quello del 1519 del portoghese Lopo Homem, che quasi trent’anni dopo cercava ancora di conciliare i profili delle nuove scoperte occidentali con quelli delle coste asiatiche, non essendo del tutto chiara e accettata agli inizi del Cinquecento la scoperta di un nuovo continente.
Alla luce di questa considerazione diventa intuibile il motivo per cui Hispaniola (che nella carta di Piri Re’is viene chiamata “izla Despanya” ed è bordata in rosso) sia ruotata di 90° in senso antiorario: la si interpretava come parte delle isole che costituiscono il Giappone (“Cipangu”), ed era stata disposta da Nord a Sud.
Gli interrogativi aperti dalla carta di Piri Re’is permettono, insieme ai materiali in nostro possesso e che ne avrebbero permesso la redazione, di gettare luce sul valore geopolitico della pergamena, contestualizzabile in una trama politica ed economica caratterizzata da competizione economica tra stati, intrighi, spionaggio. La transizione che aveva portato alla formazione degli stati moderni, dove il potere politico dei sovrani si integrava con quello economico dell’alta borghesia, aveva posto in essere il germe del mercantilismo e del capitalismo: l’escalation del confronto economico tra stati aveva promosso la grande esplosione di scoperte geografiche, cominciata con l’obiettivo di impossessarsi di posizioni e ruoli privilegiati lungo vie commerciali alternative per garantire un flusso ed un approvvigionamento di risorse innanzitutto con l’oriente, competizione sfociata di lì a poco nella ricerca di nuove terre e risorse da sfruttare. Questo impulso contribuì a porre in essere le basi di equilibri/squilibri e problematiche geoeconomiche le cui conseguenze, che ben conosciamo, perdurano ancora oggi.