Vivere con un handicap fisico non è mai facile. Se sei nato in Germania durante il nazismo e non appartieni nemmeno alla razza ariana, le cose diventano ancora più complicate.
Ma non per tutti.
In quegli anni, infatti, c’è stato chi ha scelto di aiutare ebrei con deficienze visive o uditive, prima offrendo loro un lavoro nella sua piccola fabbrica di scope e spazzole, poi nascondendoli in una stanza protetta da un armadio a muro, e infine corrompendo le milizie tedesche per riuscire in ogni caso a salvarli.
A Berlino in Rosenthaler Strasse 39 c’è un piccolo museo che racconta la storia di Otto Weidt che nella sua vita ha scelto di salvare più persone possibile. Poche stanze ad un secondo piano, con i muri scrostati e i colori sbiaditi, con ancora i banchi e gli strumenti di lavoro e quel rifugio sicuro dietro l’armadio a muro.
Il museo è a fianco di una altro, il Centro per la memoria degli eroi silenziosi, dedicato a quei tedeschi coraggiosi che, nel loro piccolo, hanno cercato di cambiare la storia, chi ospitando e nascondendo nelle proprie case famiglie di ebrei, chi mettendo a frutto le proprie capacità grafiche falsificando documenti, e chi organizzando fughe all’estero.
Nella giornata della memoria 2014 mi piace ricordare, oltre alle vittime, quelle persone che hanno avuto il coraggio e si sono sporcate le mani per gli altri. Non sono tutte storie a lieto fine purtroppo, ma sicuramente sono esempi da seguire ogni qualvolta che il diritto alla diversità viene in qualche modo messo in discussione.
Letizia Sgalambro