Testo e foto di Tommaso Chimenti

Ci sono luoghi che nel tempo sono riusciti a “vendersi” meglio di altri, a far parlare di sé nonostante non avessero queste meraviglie da mostrare. Lubiana si porta dietro un fascino mittleuropeo che molti associano, grave errore, a Trieste. Niente a che vedere con la monumentalità dell’ultima città italiana prima dei Balcani (manca anche il mare!). L’idea di fondo, condivisa da chi da queste parti è passato come da chi non c’è stato mai, come un passaparola-mantra è che “Lubiana sia carina”. Certo, vero. Tutta costruita attorno al fiume sopra il quale passano molti ponti. L’intenzione di farne una piccola Praga si sente nell’aria: le statue, i lucchetti. I ristorantini all’aperto lungo gli argini non mancano, anzi, ma si ha la sensazione che tutto sia a beneficio del turista (e ce ne sono molti), un po’ posticcio, ricostruito ad arte, da cartolina, per far fare belle foto e inquadrature. Anche il castello, che domina la città nella sua imponenza (da salvare la funicolare, la vie ferrate e i cavi d’acciaio a sfidare la gravità hanno sempre il loro perché), è più che altro un luogo dove pranzare o sposarsi, ricostruito fino all’ultima pietra, sa di Lego più che di archeologia ed ogni reperto storico o è un facsimile o una copia. Ecco manca la storia tra tanto di commerciale. Tutto è molto calmo, tranquillo, per famiglie in gita. Meno male che le mura delle strade sono ricoperte da murales, colorati, freschi, stuzzicanti, energici. Finalmente un po’ di vita che cola sull’intonacatura perfetta. “Carina” ormai non basta più. Hanno vinto i tour operator.

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