Testo Isabella Mancini/ foto Alessandro Bartolini

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Salonicco. Si pesca con la lenza, lanciando l’amo. Il lungomare, la notte, brilla di luci mentre il mare è di piombo a due passi. Di giorno il sole arde senza tregua come se l’inferno fosse dietro il primo angolo. La torre, oggi bianca un tempo rossa di sangue, si erge come giostra sul piccolo golfo. I locali, moderni, la musica rimbalza da una tavolino all’altro, rotolano parole su parole, la cenere si accumula. Che sia l’industria delle bombolette spray l’unica attiva in questa città? I muri sono tappezzati per chilometri e chilometri da tag, scritte, sproloqui solitari, inni calcistici, improperi: un macello pubblico. Dall’alto delle mura il panorama si fa però mozzafiato. I riflessi dal mare salgono al cielo, una pioggia di coriandoli di madreperla tra soffi di vento mentre giù, rimbomba l’eco delle macchine, delle scritte sui muri, dei cassonetti da vuotare. L’autobus passa, in orario, si riempie veloce. Non solo poveri sul mezzo, non solo immigrati scalzi e gnudi, ma donne, studenti, bambini, anziani, per andare e tornare da casa, la spesa, la palestra, il lavoro. Salonicco, si pesca con la lenza mentre decine di cani abbandonati passeggiano per strada, orde di gatti scorrazzano cispiosi, il mercato langue, i bistrot son pieni di giovani che mangiano e bevono e la notte corre alcolica come in tutta Europa.

Saluti da Salonicco/Grecia/2014