Testo e foto di Tommaso Chimenti
In mezzo scorre il fiume, ma sotto l’acqua è calda, bollente. L’aquila controlla dall’alto e sorvola i balconi in legno lavorato come i grattacieli in cristallo celeste o i tubi di specchi e acciaio. Tante piccole cupole aprono le narici di zolfo che sotto ribolle come mantice. Respira il diavolo sotto la crosta dell’asfalto, e sbuffa folate di nebbia a banchi che spuntano nette e pannose. Semicerchi di mattoni rossi quasi anfratti religiosi, ripari dove custodire il vero cuore della città, capitale di uno Stato che fonda la propria economia proprio sull’acqua che scende pulita dal Caucaso. E sta tutta qui la sottile ed essenziale differenza con i Paesi con i quali confina la Georgia. Certamente più ricchi con i giacimenti di gas e petrolio. Una differenza sostanziale: acqua da bere e da esportare invece che olio da bruciare. E’ tutto qui il senso, ecologico, sano, pacifista. Sotto le cupole si annida l’essenza delle montagne, la sostanza che aiuta le vigne a crescere. Mi fido molto di più di chi riesce a tenere l’acqua dei propri fiumi chiara e limpida.