testo e foto di Francesca Duca
Faccio un salto nel Far Est. Europa. Che non c’è. Imbrigliato dalle linee. Vecchie carte tra le mani. Altri nomi. Altri confini. Sorge là dal Mare. All’alba con il Sole. Porta d’Oriente. Azzanna Occidente. Vorace. Le sue rive. Mele caramellate. Edifici sovietici riabilitati. Muri scrostati. Riverniciati.
Faccio un salto nel Far Est. Montenegro. Serbia. Bosnia Hercegovina. Bar. Ulcinj. Il lago di Scutari. Il Carso assetato. Mani possenti. Braccia forti di lavoro. Entro dentro le sue vene. Ghiacciate. Gole del Tara. Tonsille verdi i pini neri. Arroccati. Faggete Eterne. Oltrepasso le barriere. Le sue naturali cime.
Faccio un salto nel Far Est. A sentire il suo sapore. Di insaziabile Cevapi. Burek. Raki. Da lontano. Mi pervade. Ipnotizza la sua voce. Ottoni. Trombe. Tromboni. I suoi balli per le mani. Girotondi universali. Da Novi Pazar a Guca. Da Visegrad a Sarajevo. Discreto canto di Muezzin. Silenziose chiese.
Faccio un salto nel Far Est. A non capire. Sbarellando alle frontiere. Mi lascio attraversare. Ho imparato tre parole. Sempre vere. Vedo lapidi al mercato. Cimiteri sparpagliati. Lungo strada. Nei campi. Ombra di Felci. Sempreverdi. Tenaci. Nomi scolpiti. Lune e croci.
Troppo. Poco tempo. Per spiegare. Sono andata nel Far Est. L’ho sentirlo respirare.