GENTE CHE VA/Aspettando il 28: storie e viaggi sul tema del dossier del prossimo numero della rivista, in uscita a settembre
di Giorgio Teggi
Qual è la tua strada amico?… la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell’arcobaleno, la strada dell’imbecille, qualsiasi strada. È una strada in tutte le direzioni per tutti gli uomini in tutti i modi. (Jack Kerouac)
La strada che unisce i due versanti del Tirolo, la Val Passiria verso Merano e la Valle dell’Ötztal verso Sölden, a cavallo dell’ex frontiera alpina fra Italia e Austria, è stata per secoli sentiero per mandriani, contrabbandieri, eroi coraggiosi: una mulattiera antica, citata già in un documento del 1241.
Oggi la strada (costruita negli anni Cinquanta) è una palestra panoramica per le avventure ciclistiche e motociclistiche di chi intende il viaggio come un andare incessante, e le cime, i valichi, i rifugi come spazi da conquistare e non ha tempo né modo di accorgersi delle geometrie nascoste, dei profumi, delle vertigini, delle storie e dei segreti di questi luoghi.
Ma un invito alla sosta, alla contemplazione attiva, all’attenzione c’è: è il Museo del Passo, realizzato dall’architetto Werner Tscholl a Passo Rombo nel 2010. Un museo esteso, aperto, diffuso, un luogo denso di qualità. Dodici chilometri punteggiati da cinque sculture/installazioni, presenze mimetiche e discrete, cromaticamente intonate ai rossi delle rocce.
Tra queste, scendendo verso l’Austria, dopo ripidi tornati e passato il ponte sul torrente Timmelsbach, in un lungo pianoro c’è Contrabbandiere, microarchitettura ritagliata con la sagoma di uno dei tanti viandanti di montagna che portavano in Austria, rischiando la vita, speck, sale, olio e farina e ritornavano in Italia con saccarina, tabacco, e accendini.
Metà del lavoro era aspettare: attendere la notte, il diradarsi di pastori, viandanti, cani, la fine del temporale o della nevicata, una bella luna piena che illuminasse il sentiero.
E l’altra metà era attraversare: boschi, prati, crinali, confini, abitudini, torti e ragioni. Andando attentamente, senza attirare l’attenzione, smarrendo a poco a poco il senso del di qua e del di là.
Giorgio Teggi, 64 anni, è architetto e studioso della distrazione; insegna Progettazione architettonica presso il Liceo Artistico “Gaetano Chierici” di Reggio Emilia. Nel 2015 ha fondato con Antonella De Nisco il Laboratorio Ambientale di Arte Itinerante (LAAI).