Testo e foto di Martina Amalfitano
La Apple l’ha utilizzata per presentare il suo ultimo modello tecnologico di recente, Massimo Troisi per raccontare le avventure di un postino innamorato nel 1994.
Attraverso il tempo, la Corricella, in greco “Kora calè” resta davvero il quartiere bello di Procida, la più piccola isola nel golfo di Napoli accanto a Ischia e Capri. Capace di aver incantato autori, registi, gente comune di passaggio, Marina Corricella è il terzo porto dell’isola.
La tappa è per tale ragione, d’obbligo, la salita un po’ faticosa.
Località dove vi si accede solo tramite ampie gradinate, per ammirare l’agglomerato di casette tufacee disposte a semicerchio e dipinte da colori pastello dai pescatori, i primi abitanti del posto, in grado di riconoscere la propria casa anche dal mare. Quasi a voler predominare, è la Chiesa di S. Maria delle Grazie, riconoscibile dalla cupola gialla e grigia che sovrasta le piccole case sotto di sé.
Una volta lì, la sensazione del tempo incatenato tra quella architettura spontanea costituita da archi e scale rampanti, vi invaderà.
Resiste, questo piccolo borgo di pescatori, alla salsedine che corrode le strutture, al sole cocente che scambia le sue mura.
Resiste attraverso il tempo e si fa bella, ospitando set cinematografici importanti come L’isola di Arturo di Damiano Damiani, basato sull’omonimo romanzo di Elsa Morante; Il Postino di Massimo Troisi e Michael Radford, Il talento di Mr Ripley di Anthony Minghella con Matt Damon, Jude Law,Francesca e Nunziata di Lina Wertmuller con Sophia Loren.
Nessuno ha resistito al fascino che acquista di sera, al calar del sole, alla musica jazz che si diffonde nell’aria d’estate, al silenzio che permane tutto il giorno rotto solo da rumore delle posate nei piatti dei ristoranti sulla banchina. Uomini e donne da ogni parte del mondo seduti ai tavolini dei locali, indicano il piatto tipico al cameriere, che sorride annuisce e sparisce in quelle che un tempo erano grotte. Alcune sono rimaste tali, colorate e che nelle rientranze tipiche lasciano intravedere piccole barchette, spesso scolorite d’inverno. Qualche vecchio signore invece è seduto a bordo banchina con un cappello di paglia calato sulla fronte e cuce le sue vecchie reti da pescatore. I turisti si avvicinano incuriositi, domandano o guardano con ammirazione senza capire molto ma sorridendo gentilmente.
Tutto intorno regna il silenzio poiché il piccolo borgo non consente l’accesso alle automobili e al traffico, che invece circola nel resto dell’isola. Tutto scorre a Corricella ma nessuno sembra rendersene conto.
Eppure, restano Kora calè e le sue bellezze, spesso attribuite ad altre località campane. Resta Procida e i suoi stessi abitanti, ancora nell’anonimato a cavallo tra realtà e fantasia, ancora poco desiderosi di farsi conoscere.
[e l’arrivo di un forestiero non desta curiosità, ma pittosto diffidenza. Se esso fa delle domande, gli rispondono di malavoglia; perché là gente nella mia isola non ama d’essere spiata nella propria segretezza. L’isola di Arturo, Morante]