Testo e foto di Marco Turini

Entrare in un vecchio capannone ai margini di Putignano può riservare sorprese. Spingiamo lentamente la porta di lamiera di ferro ondulata e ci addentriamo nel sancta sanctorum dei carri che ogni animano la città in occasione del celebre carnevale. Un carnevale antichissimo che trae le sue origini nel Medioevo. Alcuni attribuiscono la sua nascita ad una sorta di messa in scena (probabilmente di copertura) con cui vennero trafugate le reliquie di Santa Stefano dalla vicina fortezza sveva di Monopoli (1394). Da questo episodio ed altri tradizioni nacquero le propaggini, una festa di carattere propiziatorio che hanno la fondamenta nel mondo rurale contadino ed animista.

Da allora il carnevale (che comincia subito dopo Natale e finisce a fine Febbraio) si è trasformato. Da semplici figuranti in maschera si è arricchito di carri allegorici, sempre più grandi, spettacolari ed elaborati. Prima le strutture erano in grado di fare semplici movimenti grazie ad un complicato sistema di elementi meccanici, carrucole e funi, tese dalle invisibili braccia dei carristi che le controllavano dall’interno. Piano piano i motori umani sono stati sostituti da quelli a motore. Ma la realizzazione dei disegni, delle carte pesta, persino delle colle per tenere assieme “la pelle” di questi giganti semoventi, avviene ancora “come una volta”. Con grande pazienza, maestria ed un tocco di competizione.

I carristi, che da generazioni si occupano della creazione e l’assemblaggio degli enormi pupazzi meccanici lavorano gomito a gomito in spazi angusti per mesi. Ovviamente il carro non ha solo un valore tradizionale, ma anche di prestigio. Ogni anno viene eletto il carro più bello e la sfida si gioca senza esclusioni di colpi “artistici”. Si cerca di impressionare la giuria tecnica e quella popolare con i movimenti dei carri, con la varietà e complessità delle sculture, con le coreografie dei figuranti. Il carro porta con sé un pezzo di paese che partecipa come può alla sua realizzazione. In palio c’è la reputazione e la celebrità dei carristi e dei maestri cartapestai.

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Entrare in un hangar a carnevale finito può sembrare triste. In reale è una meraviglia che non si può descrivere (guai a voi a farlo prima dell’inizio del carnevale, verreste cacciati in malo modo). Ma finita la manifestazione, quando i segreti di scena si possono svelare, visitare le officine dei carristi è un esperienza unica.

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Quest’anno il tema del carnevale erano i “mostri”. Mostri reali e virtuali, un paradigma dei cambiamenti socio-politici e delle consuetudini che contraddistinguono il nostro tempo.  L’hangar che visitiamo per primo ospita il carro vincitore di quest’anno a cura del mastro cartapestaio Deni Bianco con il suo “Selfie della Gleba” [associazione cArteinregola]. Viviamo ormai “in un universo parallelo sempre pronto ad accarezzare l’ego, un mondo irresistibile in cui apparire continuamente, mettendoci in mostra e rendendoci inconsapevolmente mostri” recita la presentazione dell’opera.

Vedere i giganteschi “mostri” addormentati ed incastrati nei tetti troppo bassi dei grandi hangar fa capire l’immane lavoro che si nasconde dietro di essi. Giovanni, il carrista che ci ha introdotto in questo mondo, ci mostra con orgoglio gli stampi in gesso per la carta pesta, i calchi delle sculture in argilla che vengono riempiti di strati di carta e colla. Ogni scultura viene tenuta insieme da una struttura in ferro. “è come un corpo umano” mi dice, “senza scheletro non starebbe in piedi”. Ed il nostro entusiasmo alimenta il suo. Comincia a tirare fuori tutte le forme in gesso, ci fa entrare dentro le creature (fino al terzo piano) ci fa strada fra fili, manovelle e motori. Ci mostra le viscere degli esseri che riposano scomposti fra centinai di coriandoli. Le teste infatti vengono montate per ultimo fuori dall’hangar altrimenti sfonderebbero il soffitto. Ci illustra i disegni preparatori, il “genio” prima della realizzazione finale.

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Siamo nel luogo dove le sculture verranno smembrate, scomposte e riciclate al interno di nuove spettacolari creature. Alcune fortunate verranno vendute ad altre manifestazioni. Persino di altre nazioni. Rimaniamo ad osservare increduli lo scrigno che ci è stato aperto. Lasciamo i giganteschi attori a riposarsi delle fatiche e delle glorie ricevute, almeno fino al prossimo anno.

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Il mastro cartapestaio Angelo Loporfido ed il suo team [Associazione Conlemani]

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