Soldati eritrei (fronte di Adi Kwala, 2000)
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E ancora: a dicembre, il primo ministro etiopico, Hailemariam Desalegn, ammise apertamente, di fronte ai microfoni di al-Jazeera, prima volta di un leader di Addis Abeba, di essere disponibile ad andare ad Asmara per incontrare Isaias Afewerki. Da mesi, in Etiopia, circolano voci di trattative fra i due paesi nemici. Ad Asmara, è probabile, che il potere scricchioli fra chi vuole cogliere questa occasione e i fautori della linea dura.
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E poi vi è l’oro e il potasso. I canadesi della Nevsun Resources possiedono il 60% della miniera di Bisha, nel Nord-Ovest del paese. Bisha è considerata fra le più promettenti miniere (oro e rame) del mondo. La commercializzazione dell’oro eritreo, cominciata nel 2011, ha fatto compiere un balzo dell’8% al devastato pil di Asmara. Le azioni della Nevsun hanno perso quasi il 10% alla notizia del colpo di stato di lunedì. Immediato un tranquillizzante comunicato della multinazionale mineraria: ‘Il nostro lavoro continua normalmente’. La Nevsun sta cercando oro anche in Tigray, regione del Nord dell’Etiopia. Ci sono, dunque, geologi e prospectors canadesi di qua e di là delle frontiere. Gli azionisti della Nevsun vogliono un’intesa fra Addis Abeba ed Asmara.
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E la vogliono anche altri canadesi. I padroni dell’Allana Potash, a esempio. Quest’anno, questa compagnia mineraria comincerà seriamente a estrarre potassio nei deserti della Dancalia. E’ un grande giacimento. Con un problema ancora apparentemente irrisolto: da dove portar via il potassio? Il mar Rosso è a un passo dal confine con l’Etiopia. Appena sessanta chilometri. E’ la via più diretta, la stessa usata dagli italiani quasi un secolo fa. Perché andare fino alla lontana Gibuti a caricare le navi del potassio? I canadesi, credo, vogliono che Isaias Afewerki se ne vada, che l’Eritrea apra le sue frontiere, che la guerra-non guerra con l’Etiopia finisca. L’Allana Potash vuole la pace fra Asmara e Addis Abeba in nome dei soldi che loro sono disposti a versare nelle casse dei due paesi. E, forse, qualcuno ad Asmara non è indifferente a questo richiamo. Come non lo è ad Addis Abeba.