Viaggiando si scrive. Si prende spunto. Cartoline? Forse.
Testo e foto di Tommaso Chimenti
Siamo comunque in Grecia, anche se l’Italia è lì ad un tiro di schioppo. Vedi la nave, la chiglia, questa carena metallica e non puoi non pensare ad Ulisse. Dopotutto Itaca è a mezz’ora di traghetto. Un uomo tiene un cerchio, come il domatore al circo. Nessun fuoco, nessuna fiera che deve balzarci dentro. Qui tutto è mare, marino, salmastro, anche il caldo, il vento, l’aria, la brezza, le piante, la terra. Tutto odora, profuma, trasuda onde e spiagge, libeccio e vele spiegate. Tutto intorno è mare e ancora mare e poi, oltre l’orizzonte, di nuovo mare in una sensazione di sospensione, di parentesi tra l’Italia e la Grecia, tra Occidente e Oriente, tra la quiete e la tempesta, tra la conquista e l’abbandono, tra la presa e la perdita, tra lo scoglio e la sabbia.
Su quella barca appuntita i graffiti, le ammaccature, i disegni, le unghiate di tutti i popoli che sono passati da queste parti segnandola nei secoli, rimanendone segnati. Aleggiano ancora ricordi di guerra, di quell’Italia piccola che qua non veniva in vacanza, echi di Mediterraneo, non il mare ma il film di Salvatores, di Zacinto poco distante. Un tempo appeso, incerto, ecco cos’è quel cerchio che racchiude un vuoto, che abbraccia l’isola.