di Pasquale Doria
Un altro capitolo di storia editoriale materana.
Aldo, da queste parti, non è un nome diffuso chissà quanto. Ma le cose non capitano quasi mai per ragioni fortuite. Parenti a parte, a un padre ispirato dalla nobile arte della stampa tipografica, può capitare di pensare intensamente al progenitore, nonché fondatore dell’industria editoriale moderna italiana, Aldo Manuzio. Del resto, non è certo un caso se Aldo Montemurro ha trascorso buona parte della sua vita tra inchiostri e caratteri tipografici in legno e piombo. Era ancora un ragazzino quando ha iniziato a esplorare lo “Stabilimento”, così lo chiamava suo nonno Eustachio. Procedeva come una locomotiva alla confluenza di via Protospata con via Lucana, un angolo odoroso d’inchiostro che molti materani rammentano ancora bene.
Adesso Aldo ha 72 anni. Mentre suo cugino Eustachio è un cinquantenne che non ha certo dimenticato. Ma i suoi ricordi si fermano alla fine degli anni Settanta, poco prima di una decisione drastica, quando le macchine, per cause di forza maggiore, dovettero tacere. Da quel decisivo giro di boa, uno dei modi più semplici per ripercorre la storia di una grande impresa editoriale cittadina può essere rievocata anche tramite le centinaia di opere che hanno arricchito per decenni il panorama lucano e meridionale. Un percorso non impossibile, magari scavando in quella grande miniera di saperi custodi nella Biblioteca provinciale “Tommaso Stigliani” dove, come consuetudine vuole, ogni pubblicazione viene consegnata e donata in duplice copia.
Straordinario l’episodio di una decina di anni fa, quando la memoria collettiva dei materani si rimise in moto, riaffiorando a valle di un gesto di grande sensibilità. L’episodio si lega a una donazione. Si tratta di 2.500 copie distribuite ad altrettanti cittadini, stampate dalla “Stem”, che è l’acronimo della Società tipografica Edizioni Montemurro. Solo più avanti negli anni divennero Edizioni Montemurro. Una sigla rimasta nei ricordi di molti in città. Si accompagnava al prospetto del castello di Matera, simbolo civico per eccellenza, quale logo azzeccato nato nella mente feconda di un intellettuale di primo piano come il compianto Enzo Contillo.
Aldo da quel simbolo non si è mai separato. Ormai da anni, lo ripropone in bella vista in via Fiorentini. Adorna la facciata di una struttura turistica che gestisce in modo particolare, nel senso che non mancano armadi pieni zeppi di libri delle Edizioni Montemurro. Una speciale biblioteca nel cuore del Sasso Barisano. Non raccoglie tutti i titoli, ma quanto basta per percepire in quelle pagine quasi la presenza fisica di autori cari alla nostra memoria, come Tommaso Pedio, Giovanni Battista Bronzini, Mauro Padula, Raffaele Giuralongo, Paolo Toschi e tanti altri ancora, compreso uno studio sul territorio materano di Bernard Kaiser, arricchito da una preziosa prefazione di Manlio Rossi Doria.
Il luogo in cui avveniva materialmente la stampa delle pubblicazioni non coincideva con quello meno affascinante in cui si decideva se dare il via libera o meno a un’opera. Si discuteva nella indimenticabile libreria su due piani di Via del Corso. Era uno dei punti di riferimento quasi obbligatorio per i frequentatori del mitico Bar Lacalamita, dove spesso e volentieri chiacchieravano amabilmente tra loro personaggi del calibro di Rocco Mazzarone ed Eleonora Bracco, magari interrotti dall’inatteso apparire di Adriano Olivetti e Rocco Scotellaro.
Al solo pensarci, quell’antica magia si avverte ancora oggi. Era una libreria da far brillare gli occhi, in modo speciale ai bibliofili. “Non c’è più – ricorda Aldo – purtroppo, tutto finì con il sisma del 1980”.
Di quello stupore, però, rimangono ancora alcuni frammenti. Documenti straordinari, immagini preziose realizzate dallo Studio Vasari di Roma. Si tratta di fotografie – che divennero cartoline, oggi ricercate – capaci di restituire l’atmosfera di un ambiente studiato nei minimi particolari, con l’obiettivo dichiarato di esprimere l’amore per i libri ai massimi livelli. Una prova esemplare delle genialità dell’architetto materano Ettore Stella. A prima vista, l’interpretazione dello spazio sembrava severa, ma a ben vedere non mancavano momenti capaci di alimentare intense suggestioni, quasi sognanti. Colpiva in special modo la scala di collegamento tra il piano superiore e quello inferiore, sotto il livello della strada. La sua bellezza è ben restituita nella fotografia di Vasari. Sembra galleggiare, leggera, sospesa nell’aria e, invece, era mirabilmente agganciata al soffitto con una serie di cavi quasi impercettibili alla vista. Inspiegabilmente eliminata dagli inquilini successivi, mentre miracoloso può essere considerato il salvataggio di una piccola parte di quegli scaffali conservati nella cartolibreria condotta da Angela Montemurro. Oggi, è attiva in via delle Beccherie.
Pochissimi sanno della porta segreta, a scomparsa mimetica, un gioiello. Sfida il tempo riempiendo di stupore gli occhi dei pochi estimatori che, di tanto in tanto, vanno ad ammirarla come normalmente si fa con una bella opera d’arte.
Vengono custoditi come reliquie e non si perderanno i volumi di Montemurro conservati in tante biblioteche private materane. Comprese le copie messe a disposizione dieci anni fa da Eustachio Montemurro, ereditate da suo padre. Si chiamava Andrea, protagonista con i fratelli Vincenzo e Nicola, di una vicenda che è riduttivo definire imprenditoriale. Per farsi un’idea, basta pensare che tutti i nipoti, nessuno escluso, sono passati dalla tipografia. Impegnati fin da piccoli nelle mansioni più umili: fotocopiare, punzonare, dividere le pagine, assemblarle, rilegarle con lo spago, cucirle foglio dopo foglio. Così, se la libreria svolgeva anche la funzione di cartolibreria, la stamperia non era da meno. Fotocopie ed eliografie le specialità della casa, tecniche che contemplavano l’uso abbondante di ammoniaca. Insomma, di colpo, l’aria si ammorbava e diventata pungente al punto tale da far lacrimare tutti i dipendenti, poco più di una decina, comprese due signorine e due audiolesi.
“Sprovvisti di ogni vistosa propaganda, che pure sorregge gran parte della fortuna di un libro, pubblichiamo il nostro primo catalogo, stimolati dal solo proposito di informare il pubblico dell’attività editoriale …”. E’ l’attacco alla premessa del catalogo e dei programmi futuri. Era il 1961 e specifica che il lavoro era iniziato da oltre due lustri e che era ormai tutto pronto per varare una nuova iniziativa: la “Biblioteca di cultura”. Un progetto entusiasmante diviso in testi, monografie, saggi e quaderni, diretta dal docente universitario materano Giovanni Battista Bronzini.
“Epici furono gli scontri dialettici tra Bronzini e Pedio” – ricorda Aldo. – Uomini coltissimi che si confrontavano a viso aperto come davanti a un immaginario auditorio, composto più che altro di libri affacciati dagli scaffali, quasi pronti a dire la loro. Poi, cessata ogni asperità verbale, tornavano più amici di prima. Era lo stesso posto in cui Ettore Stella trovava la giusta concentrazione, dove si rifugiava e che aveva progettato precisamente per questo scopo, per se stesso e forse altri pochi intimi. Anche se, non di rado, il religioso silenzio veniva nuovamente interrotto quando era il momento di decidere i titoli del libri. Dialoghi vivaci, su copertine, tipo di carta, formato che a volte si protraevano a lungo, prima di andare in macchina.
Eustachio, invece, ha scolpito nella sua mente la tastiere di una Linotype per la composizione meccanica. “Dimensioni a parte – racconta – non era molto diversa dalle macchine per scrivere. Ma nella composizione fondeva direttamente i caratteri di stampa in lastre contenute in un telaio. Il rigo risultava tutto di un pezzo. Ho conservato qualcosa. I caratteri di piombo, una volta usati, venivano fusi e, quindi, riutilizzati in nuove matrici. Erano in tutte le lingue, perfino in greco antico. Una meraviglia!”. Non meno impressione destò l’arrivo della speciale Linotype acquistata a Milano. “Una macchina tutta italiana – sottolinea Aldo – non a caso, si chiamava Italtype. Un tecnico specializzato rimase a Matera un mese per montarla. Lo fece pezzo dopo pezzo, fino a collaudarla in quei nuovi locali da poco trasferiti al numero 2 di via Lucana”.
A furia di raccontare si capisce che i ricordi si affollano, mentre la memoria lentamente procede all’indietro. In questa macchina del tempo c’è spazio per i soprannomi dei giovani operai, per i timbri “fatti in casa” e distribuiti nella maggior parte degli uffici pubblici di Matera e dintorni, fino a maledire ancora le ore dedicate alla correzione delle bozze, oppure a rievocare l’emozione e le speranze degli autori più giovani. E’ quello che ci restituisce la casa Editrice Montemurro, grande protagonista di un’attività che dava lavoro e diffondeva cultura, assecondava il progresso tecnologico, l’innovazione e faceva grande anche oltre i confini locali la scrittura stampata a Matera. Grazie, non è certo tardi per ripetere ancora grazie.
Avvertenza: L’articolo è del 15 febbraio del 2007 e riporta le stesse fotografie dello Studio Vasari, esclusa quella della porta segreta, fotografata più recentemente. Ho cambiato solamente alcune date.