Di Sara Ligutti

Salvare gli asini dall’estinzione in Montenegro: questo è l’obiettivo della Farma magaraca Martinići. Completamente ecosostenibile e situata a diciassette chilometri da Podgorica, a Gradina Martinićka, la fattoria è stata aperta nella primavera del 2015 da Darko Saveljić, ornitologo, fondatore del CZIP (Centro di Ricerca e Protezione degli Uccelli, che collabora anche con la nostra LIPU) e figura di spicco del movimento ambientalista montenegrino.

Visito la fattoria una domenica di agosto, raggiungendola in taxi attraverso stradine che diventano via via più sterrate. Il biglietto d’ingresso è un chilo di carote o di mele, di cui gli asini vanno ghiotti. Saveljić ne ospita circa quaranta dei centocinquanta che rimangono in Montenegro. Quando arrivo, attorno alle 10, ci sono soltanto io, ma dopo un’ora iniziano a vedersi alcune famiglie con i bambini: a dicembre 2018 si contavano già cinquantamila visitatori.

Saveljić mi mostra la fattoria, me ne spiega la storia, mi offre un caffè e un succo di frutta. Gli chiedo come mai ha iniziato a interessarsi agli asini e mi spiega che, essendo un ornitologo, conosce molto bene il territorio del Montenegro. «A un certo punto mi sono reso conto di una cosa: vent’anni fa, quando ho iniziato a fare questo lavoro, in molti villaggi vedevo asini ovunque. Negli ultimi anni, invece, non se ne vedono quasi più». Infatti, se un tempo non c’era casa, nelle zone rurali e montane del paese, che non avesse almeno un asino come ausilio nel lavoro, adesso, a causa degli avanzamenti tecnologici, l’animale è sempre meno diffuso e, nella varietà balcanica, è diventato una specie in pericolo.
Ma se è la mancanza di un impiego ad aver causato questa situazione, nella fattoria di Saveljić gli asini non lavorano: vivono liberi, all’aria aperta e ascoltano musica classica tutto il giorno. Alcuni sono nati lì, la maggior parte sono stati salvati da situazioni di sfruttamento e di abuso. L’unico impegno, per loro, è fornire il latte  (venduto a 50€ al litro, cosa che non lo rende necessario in grandi quantità) e fare pet therapy a bambini con disabilità fisiche e/o affetti da autismo.

Con Saveljić – come è inevitabile – passiamo poi a parlare della situazione ambientale del paese. Il Montenegro, sulla carta, si è dichiarato “stato ecologico” nel 1991, il primo al mondo a inserire questa dicitura nella propria Costituzione. Però, mi racconta Saveljić, «nella pratica questo non è uno Stato ambientalista. Qui ci sono ancora molti angoli incontaminati, ma tutto quello che i montenegrini toccano viene distrutto. Siamo bravi a parlare, a scrivere le leggi, ma sul campo i risultati non si vedono». Infatti, fra i vari punti del processo d’adesione del Montenegro all’UE, il 27° è dedicato all’ambiente; all’inizio dello screening, nel 2013, il paese risultava “totalmente incompatibile” con il diritto comunitario.
Chiedo a Saveljić se è pessimista, ma mi risponde che no, in fondo è ottimista. Del resto, la consapevolezza sta crescendo. Purtroppo, mi dice, non alla stessa velocità con cui aumentano gli investitori che hanno a cuore solo il profitto e non la preservazione della natura. Gli investitori in questione provengono principalmente da Stati membri dell’Unione Europea. La ragione è semplice: «nei Balcani possono fare tutto quello che è vietato in UE. Molte ditte che investono negli impianti idroelettrici non ottengono neppure le necessarie valutazioni d’impatto ambientale prima di procedere». La situazione potrebbe migliorare con l’eventuale entrata del Montenegro nell’Unione Europea? «Non saprei. Basti pensare al caso delle foreste vergini romene (saccheggiate illegalmente da una grossa azienda austriaca produttrice di pellet, n.d.a.)».
Ma – ribatto, un po’ per aggiungere elementi alla discussione, un po’ perché la conversazione mi ha portata ad assumere il ruolo dell’ottimista – al netto del greenwashing del sedicente “capitalismo etico”, c’è sicuramente un’onda verde (quasi rosso-verde) che si sta diffondendo per il mondo. «Sì, ma arriviamo in ritardo. Prima abbiamo distrutto tutto e poi ci siamo posti il problema di aver sbagliato qualcosa. Pensiamo a piantare gli alberi invece di proteggere, ad esempio, l’Amazzonia». Concordo. E rilancio: è necessaria una consapevolezza ancora maggiore per chiedere un cambio di paradigma nel modello economico. «Questo – conclude Saveljić – è il motivo per cui ho aperto la mia fattoria al pubblico: per insegnare ai bambini il rispetto degli animali e dell’ambiente». E, coerentemente al suo essere (anche) un contadino, piantare migliaia di semi ecologisti.

La Farma magaraca Martinići è aperta solo di domenica dalle 10.00 alle 13.00. Durante la settimana scolaresche e famiglie con figli disabili possono visitarla previo preavviso (tel. +382 67 569 043 || Facebook: https://www.facebook.com/farmamagaracacg). La fattoria è anche dotata di un centro conferenze, che viene concesso gratuitamente alle associazioni in linea con la visione ambientalista di Darko Saveljić. Inoltre, è da poco possibile pernottarvi per un minimo di due notti (così da ridurre l’impatto ambientale nei lavaggi della biancheria).