Testo e foto di Isabella Mancini
Si vede il mare. Prima c’è la polvere, ci sono i sassi, le punte acuminate delle foglie delle agavi. Si stenta a credere che in questo pietraio potessero crescere piante, quelle che Karmni Grima lavorava in quella campagna.
Anche lei avrà guardato il rigo blu del mare sfumarsi in celeste nel cielo prima di immergersi nella preghiera in quella piccola cappella rurale fatta di sassi come la terra.
Uno di quei giorni del 1883 se ne ritornò ammalata da quella visita nei campi e, al vicino di casa, Francesco Portelli, raccontò che quella mattina una voce l’aveva attirata dentro alla cappella, chiusa ormai da tempo, invitandola a recitare tre Ave Maria. Da quel momento alcuni eventi miracolosi avvennero in quelle campagne e quella che era una piccola cappella divenne una grande chiesa.
In questa isola sperduta in mezzo al Mediterraneo la vita doveva essere davvero dura.
Una terra ostile, il mare profondo attorno, la terra ferma lontana.
Le stagioni dovevano essere senza pietà per gli errori umani e la necessità di credere e chiedere a qualcuno un atto di carità un bisogno quasi disperato.
Non ci doveva essere grande differenza tra la vita del 1500 e quella della fine del 1800.
In poco meno di dieci anni, tra il 1922 e il 1930, con quella pietra gialla oro è stata eretta una casa attorno a quel piccolo e modesto luogo di culto in onore della Santissima Vergine Maria. Dentro ci sono sei mosaici, 76 finestre colorate e moltissimi ex-voto testimonianza che attraversa il tempo, questi quasi cento anni, in cui i devoti di mezzo mondo sono arrivati fino su questo scoglio a chiedere grazie alla Madonna. E c’è ancora il quadro della Vergine Assunta dipinto da Amedeo Perugino che viene venerato.
E mi vien da pensare che forse le orecchie della santa non potranno sentire le voci che la invocano, assieme ad altre divinità, dalle onde del Mediterraneo.