due sedie e dodici passi, lontano, in Georgia…
foto di Salvatore Di Vilio
parole di Eugenio Tinto
Sono dodici i passi che ogni giorno compio. I passi che separano casa mia dalla strada principale del mio paese, quella dove passano tutti gli autobus. Anche quello che tu prendesti per andare a trovare tua madre. Dodici passi che io compio dal 1982. Portando con me sempre queste due sedie. È un gesto divenuto oramai come un rituale, ogni giorno con lo stesso pensiero nella mente, con la stessa speranza nel cuore: vederti tornare con lo stesso bagaglio di dubbi e perplessità. Sarebbe diverso, credimi, riuscire a guardarti negli occhi con la consapevolezza di poter essere in grado di darti una risposta. Almeno accarezzarti riuscendo a incrociare i tuoi occhi. Non abbasserei più lo sguardo. Prima era prima, tempi di muri e di cupi deliri, di dialoghi che si credevano monologhi, di incapacità celate da rabbie autistiche. Una volta compiuti questi dodici passi ho intere giornate per fermarmi a pensare a questo: non ho dolore fisico, anche con le dita piegate e la schiena curva, le mie ginocchia reggono ancora la genuflessione quotidiana alla tua assenza.
la foto è stata scattata nell’antica Rustavi, che conobbe nuova vita quando Stalin la scelse come centro per la produzione metallurgica e vi fece costruire il Rustavi Metallurgical Plant, gigantesca struttura per la lavorazione del ferro proveniente dal vicino Azerbaijan, iniziata nel 1941 e terminata nel 1950. Arrivarono qui operai da diverse parti della Georgia e per quarant’anni le fabbriche lavorarono a pieno ritmo fino alla disgregazione delle Repubbliche Sovietiche e al conseguente crollo economico che ha comportato la chiusura di molti stabilimenti e una pesante disoccupazione.