testo e fotografie di Yuri Materassi
Gigi ha le mani callose, segnate da una vita passata in macelleria. Ieri le sue mani ieri erano sporche di sangue, di dolore, di forza. E’ stata dura anche questa volta, anche se il rito lo consoceva a memoria e dettava lui i suoi tempi, l’inizio e la fine di tutto. Una tuta da laovro, una pistola, una corda da legare ad una scrofa, e poi ancora l’acqua che bolle e che lava vìa, il fuoco che pulisce, la carne finalmente, quella per cui il rito è stato iniziato.
Oggi forse è più facile per Gigi, in fondo si tratta soltanto di pesare, macinare, insaccare, legare. Gigi conosce il mestiere, gliel’hanno insegnato quand’era bambino, un mestiere duro come la vita dei contadini. Esegue tutto con maestria, comanda e sorride. Gli piace lavorare e raccontare la sua storia. Le Leggi sono diverse da quando ha iniziato questo lavoro, oggi si deve rispettare anche il dolore dell’animale, della vittima, non si uccide più con il coltello. E non si può macellare la sua carne se non in macellerie autorizzate, rispettando le norme di igiene. A Gigi non torna tutto questo, gli mancano i suoi tempi, la vita di allora, il sapore della carne che oggi non ritrova più. La crudeltà di un gesto si trafomra in un atto di amore per la vita quando Gigi racconta le sue vecchie storie.
Quando, prima di mezzogiorno, Gigi porta a termine il suo rito è visibilmente soddisfatto. Il lavoro è finito, per l’ennesima volta, tutto è riuscito alla perfezione. Adesso è l’ora di lavarsi le mani, di cambiarsi l’abito e di sedersi a tavola. E’ febbraio, fuori piove, ma dentro è impossible sentire freddo. Bicchieri di rosso, e profumo di brace acquietano l’appetito e la sete. E’ l’ora delle barzellette di Gigi, degli amici, della vita bestemmiata e leggera, come in una poesia di Alda Merini, di “calici di vino profondi, dove la mente esulta, livello di magico pensiero”.