Testo e foto di Sandro Abruzzese

Il poeta Giuseppe Semeraro

Il poeta Giuseppe Semeraro

I tre figli del poeta Giuseppe Semeraro indossano i suoi stessi occhi e dormono sulle sedie di plastica bianche, esausti. Dormono nel cortile di un sontuoso palazzo storico, nel centro del borgo di Specchia. “La poesia serve a disordinare gli ordini”, scrive Semeraro sulla mia copia di Due parole su tre croci, l’ultima raccolta di poesie, per le edizioni de Il Raggio Verde.
Quando esci per strada / riempiti le tasche di grazie e ricorda / che a casa è meglio tornare con le tasche vuote / senza neanche un grazie messo da parte, recita accompagnato da una chitarra e un organetto. Ricordo, qualche tempo fa, i suoi versi stracciati sui muri di Aliano. La sua lingua potente che si nutre di anafore, metafore la ritrovo in queste pagine. Ritrovo lui scalzo, a Specchia come in precedenza a Tricase, dove alle spalle sventolava un lenzuolo bianco con su scritto “Ciascuno cresce solo se sognato”, un verso di una poesia di Danilo Dolci. Giuseppe ama la poesia che non si scinde dalla vita, per questo cita Dolci. Ama la poesia in mezzo alla strada e alle persone, per questo, mentre legge, si dimena, alza le braccia al cielo, prende fiato, perché le sue parole non si staccano dal corpo e non si scostano dalla vita.

Una poesia scalza

Una poesia scalza

Il lenzuolo di Semeraro con le parole di Danilo Dolci, Ciascuno cresce solo se sognato

Il lenzuolo di Semeraro con le parole di Danilo Dolci, Ciascuno cresce solo se sognato

Ci sono cose / che bisogna amare con le unghie / con il silenzio delle cose concrete / ci sono cose / che bisogna amare / offrendo il meglio / le costole e il verbo, scrive Semeraro nella lotta personale contro l’inutile. Come si può dargli torto? Come affrontare l’inutile senza unghie? Oppure senza amore?
E’ vero ciò che dice Mauro Marino nella prefazione, quello di Semeraro è un dialogo tra il suo corpo e il mondo, è il dialogo di un attore-poeta militante che cerca e trova “il tempo della scrittura”. Resta intimo / tra i nostri corpi / tutto quello che chiamiamo noi, risponde Semeraro. Le sue forze per scacciare la solitudine, le unghie per difendersi, premono contro il petto, qui a Tricase, o a Specchia, mentre lo riascolto. E’ bello scoprire di avere ragione, scivolare nelle curve del Salento di notte, riempirsi le tasche di chilometri per incontrare le parole di Giuseppe Semeraro.