testo e foto di Andrea Semplici
Ho visto poeti (serissimi e celebri) incamminarsi verso il centro del Parque Central de Granada, città del Nicaragua, e sedersi ad alcuni tavoli portati lì da dei ragazzi.
Li ho seguiti.
Raccontano che Josè Maria era un avvocato. Nessuno ci crede sul serio, ma è così. I poeti fanno mestieri imprevedibili: Josè Maria non è il solo avvocato che fa il poeta che conosco. A Genova conosco un poeta commercialista. Ce ne sono altri. Poi ci sono gli ingegneri che scrivono poesie. A frotte. La poesia, los poemas, come dicono in Nicaragua, come antidoto a mestiere troppo seri (e ci vuole qualcuno che li faccia).
Nel suo studio, Josè Maria aveva un piccolo cartello pubblicitario: ‘Se reparan poemas’. Si aggiustano poemi zoppicanti, si riavvitano parole consumate, si cambiano, si lavora con una matita sulle parole.
E ora Josè fa solo il poeta, guadagna a sufficienza, deve essere così. E dice: ‘E’ semplice. Basta avere un’idea, una matita e un foglio’. E lavorare molto. Lavorare molto, ripete. Scrivere è lavorare. ‘Ora mangio’, diceva Moravia dopo sei ore di lavoro al mattino. Come un contadino.
Josè e Alfredo e i loro amici del Costarica hanno ingaggiato poeti famosi. Li hanno convinti, dietro la promessa di compensi esagerati (poi non mantenuta, mai fidarsi dei poeti), a venire nel Parque Central di Granada. All’ombra degli alberi, con il rischio della cacca degli uccelli in testa. Hanno portato otto tavoli e un mucchio di fogli. E un barattolo di penne. Hanno appeso due cartelli su cartoncino celeste: poemas gratis, fabrica de poemas….è arrivato un vigile con un berrettino con su scritto Cia, voleva impedire questa storia che non capiva. Si è arreso di fronte alle parole (scritte) di Josè. E così, anche quest’anno, ha aperto la Fabbrica de los Poemas.
I poeti non hanno fatto in tempo a sedersi. Che subito, in cento, sono arrivati a chiedere poemas. Hanno fatto fila, atteso pazienti, chi ha esitato si è visto scavalcare da ‘clienti’ impazienti. Ho visto una ragazza aspettare fino alla fine, aveva timidezza e un bambino in culla. Ma poi ha avuto la miglior poeta della giornata: una bambina di sette anni ha scritto per lei.
Amanda e John hanno voluto dichiararsi il loro amore a due tavoli diversi. Poemas incrociati. In pubblico.
Salvador, poeta honduregno, è rimasto, sbang (dice lui), folgorato (sbang, sbang): la donna che si è seduta davanti a lui chiedeva un poema per il figlio. Che si droga e che lei vuole salvare. Salvador ha trovato parole, ma ho visto il sobbalzo nei suoi occhi. Ho visto il timore.
Il ragazzo deve averle provate tutte. Vuole un lavoro, non vuole ciondolare ai margini della piazza. E allora spera che una poesia possa servire qualcosa. Alfredo, poeta e teologo costaricense, esita, si ferma, si aggiusta sulla sedia. E scrive una poesia –talismano. Poi allaccia al polso del ragazzo una fettuccia Bonfin. Quando si romperà, arriverà il desiderio.
‘La poesia deve essere utile’, spiega Josè.
Utile anche al ragazzo forte e grosso. Che mischia un curioso castellano con parole di inglese e ha muscoli da culturista. E’ innamorato. Bene, da quanto tempo la conosci? L’ho appena vista sul bus. E precisa: 90-60-90, beautiful,beautiful. Sono innamorato e i suoi occhi lo confermano. Alfredo scrive un bellissimo poema per il ragazzone perduto dietro l’amore.
Los poemas sono gratis. Il poeta spagnolo gioca con abilità. So che è celebre e bravissimo. Disegna e sistema parole. Poema per un ragazzo, dai tatuaggi e l’aria dark (impossibile aver un’aria dark in questa piazza e con questo caldo), in giro da nove mesi per il mondo. E’ emozionato come un bambino, il dark, perfino i suoi piercing vibrano. Dopo il primo poeta, cambia tavolo, perché vuole due poemi.
Due donne catalane si mettono in prima fila a chiedere poesie e poi invitano i passanti a sedersi ai tavoli.
Arrivano venditori di strada, ragazzi, impiegati di banca, mendicanti, serissimi uomini in cravatta, donne vestite di pizzo, giovani dall’aria bella, giovani andicappati, vecchi devastati, una venditrice appoggia sul tavolo il suo catino pieno di cibo. C’è un poema gratis per tutti. La poesia è nella piazza, allaccia la gente. Mi dice Alfredo: ‘Qui vediamo le parole. Le tocchiamo. Diventano reali. Le persone si confessano in pubblico, raccontano di loro. Non hanno altri luoghi per farlo. Lo fanno in pubblico. E la poesia dà una mano’. E’ grandiosa questa storia.
Berta, donna della piazza, vestito celeste, un gran sedere debordante, vuole un poema per Luis, il suo uomo. Da portare a casa. Come si scrive un poema d’amore? ‘Lo si domanda agli alberi’.
La poeta di Spagna, Maria Angeles, dice che non sa scrivere con questa velocità. Ma passa da un haikù a un poema lungo come la divina commedia per Jimena. Fra loro ridono come due bambine. Maria Angeles non sospetta di aver scritto un capolavoro. E lo dona alla giovane che se ne va felice. Ha impiegato almeno mezz’ora a scriverlo. Il capoturno della fabbrica l’ha guardata in malo modo, prima di sorridere con felicità.
Un bambino chiede un poema su ‘non so’.
Ilania, se ho capito bene il nome, ha sette anni e scrive poemas (bisnipote di un grande poeta nicaraguense, dna, si vede). Scrive con meraviglia: sull’amicizia, su sua madre, sull’amore. C’è la fila davanti a lei.
Frank non vuole che qualcuno scriva un poema per lui. Ha in testa il suo poema. Di amore. Si siede lo stesso. Vuole che qualcuno metta su un foglio le sue parole. Franklin dice di sè: ‘Soy carpintero’. Poi mischia spagnolo e inglese: ‘Madera, casa en madera, beautiful’. Frank è un poeta analfabeta.
Sale poema, grida Josè. E Ilania viene fatta salire su un tavolo. Il poeta spagnolo vestito di bianco trova la sua voce e recita come un eccellente venditore di parole. Il poeta di Cuba, così erudito, si commuove e addolcisce le sue parole: sa come fare. Javier è un poeta migrante. Dice che è un pellegrino. Chiede un poema sulle sue migrazioni fra un paese e l’altro. E in cambio dà una sua poesia. Josè Domingo è un contadino di Jinotega e anche lui scambia poema per poema. Maria Angeles finalmente ha finito e legge cinque fogli di seguito ridendo come un uccello in volo.
Alfredo regala libri ai venditori di occhiali della piazza.
C’è tempo per un ultimo poema. Alcuni sono rimasti senza il loro poema, un po’ di malinconia. La promessa di riaprire la fabbrica. La piazza avrebbe voglia di ballare. Donne e uomini tengono stretto il loro poema. Lo rileggono increduli, seduti su una panchina.
Il XII Festival Internacional de poesía de Granada si è tenuto dal 14 al 20 febbraio.