Testo di Samuele Falcone | Foto Tropical Experience Travel Services
La prima volta che andai nelle Filippine fu per un break dalla Cina. Mi trovavo a Shanghai per un Master di 2 anni grazie a una borsa di studio. In Cina l’inverno è freddo, umido e pungente, ero lì da alcuni mesi e cercavo di riscaldarmi come potevo con un rumorosissimo condizionatore elettrico (niente termosifoni).
Da bravo geografo in erba (da grande mi sarei laureato in Geografia) da bambino giocavo sempre con le carte geografiche e il mio paese preferito erano le Filippine. La sua forma, nella mia testa, era simile a quella di un dinosauro di Jurassic Park. Inoltre, ero interessatissimo ai racconti delle gesta del mitico esploratore Ferdinando Magellano, che aveva interrotto le sue esplorazioni proprio dopo la morte nelle Filippine, ad opera dell’eroe nazionale Lapu Lapu.
Atterrato a Manila [ http://www.tropicalexperiencephilippines.com/#!manila-italiano/cs34 ], andando verso il centro spagnolo e Rizal Park – memoriale dei padri fondatori indipendentisti – rimasi immediatamente affascinato dalla vitalità che traspariva dagli abitanti negli angoli delle strade, dai colori variegati di tutte le insegne pubblicitarie, da un caldo umido quasi adrenalinico. E dai tanti giovani, così tanti per strada, nei negozi, negli alberghi, in una quantità che in Italia è impossibile vedere.
Mi è già capitato di dire che ci sono tre cose che secondo me possono descrivere bene il paesaggio locale: i campi da basket, le jeepney e il rice-cooker.
I campi di basket nelle Filippine li trovi dappertutto, perfino nella foresta, con tabelloni improvvisati con qualche asta di legno, spesso fatti di terra rossa (e magari in campagna con qualche capra che gironzola nei momenti di poco accesso). L’incredibile popolarità di questo sport fra i Filippini potrebbe sembrarci strana, ma altro non è che un riflesso della presenza degli Stati Uniti, che tuttora hanno un ruolo molto importante per il Paese.
Le Jeepney invece sono dei coloratissimi bus aperti, con un’altezza per lo spazio passeggeri di meno di un metro e mezzo, adatto quindi solo a contenere persone sedute. Dopo la II Guerra Mondiale, le Jeep dai militari americani furono vendute ai locali e usate come taxi condivisi. Nel tempo questi mezzi si sono evoluti allo stadio coloratissimo e affascinante attuale. E’ molto difficile per un viaggiatore occidentale catapultato nella dimensione filippina orientarsi fra fermate (che non sono prestabilite), tragitti e costi di questi mezzi nel caotico traffico di Manila. Gli abitanti invece sanno già quello che serve a destreggiarsi e chiedendo a questo o a quello a destinazione ci si arriva, e anche con una certa facilità.
Le Jeepney sono coloratissime (e illuminatissime di notte), con scritte colorate e ritratti che vanno dalla religione ai fumetti, e i conducenti fanno a gara a chi ha la musica più forte. A vederli, sembra quasi di essere in un paese dell’America Latina. Insomma, saranno pure state involontariamente introdotte dagli Americani, ma le Jeepney sembrano davvero uscite dal Sud America, e guarda caso per fermare il conducente si usa l’espressione spagnola ¡Para!.
Influenza spagnola o americana che sia, siamo assolutamente in Asia: gli occhi sono a mandorla e il rice-cooker è l’oggetto più importante del paesaggio per così dire “degli interni”. Nessun Filippino (o quasi) può vivere senza riso, come buona parte dei popoli asiatici. Qualcosa che per noi si mangia quando siamo ammalati (il classico riso bollito in bianco), per loro è una leccornia che unifica tutte le classi sociali (e il pane, lo si mangia quando si è malati). Un’altra grande passione culinaria comparabile (e affiancabile) al riso è il barbecue: sono pochi i Filippini che vivrebbero senza maiale arrostito, e i piatti vegetariani sono relegati a piccole sezioni a parte del menù. L’odore di Lechon (un gustoso maiale arrosto che assomiglia un po’ al “porceddu” sardo) o dei cicharon (una versione locale dei ciccioli emiliani) sono dappertutto.
Quindi il rice-cooker, le jeepney e i campi da basket possono essere tre buoni esempi che racchiudono, secondo me, la commistione di culture fantasiosa, variegata e assolutamente originale di questo paese.
La seconda destinazione che visitai, dopo Manila, fu la famosissima isola di Boracay [ http://www.tropicalexperiencephilippines.com/#!boracay-italiano/c11ao ]. A Boracay, come in tutti i bellissimi luoghi extra-urbani delle Filippine, il mare è splendido, il clima è perfetto, si trovano ottimi servizi (i Filippini hanno una gentilezza e simpatia innata) e una spiaggia che più bianca e più morbida non si può.
Il turismo è, e sarà sempre più, un’enorme risorsa per il paese, ma per qualche motivo non è compreso nelle principali rotte turistiche dall’Italia, dove si ha tutto sommato una scarsa conoscenza delle Filippine.
L’isola di Boracay è ancora bellissima, e per questo affollatissima. Alcuni turisti però ora stanno spostando l’attenzione verso un’altra destinazione, Palawan [ http://tropicalissimo.wordpress.com/2013/05/20/the-queen-of-ecotourism-palawan/ ]. In questa provincia molto estesa e poco congestionata, i locali sono impegnatissimi nel garantire uno sviluppo eco-turistico e lo sviluppo sostenibile ha un ruolo rilevantissimo.
Dopo una settimana di salute perfetta e di sole meraviglioso rientrai nel gelido freddo Cinese, dove qualche mese dopo incontrai quella studentessa di Master che sarebbe diventata mia moglie in un fumosissimo bar hip-hop cinese (pur non essendo mai stati frequentatori di fumosissimi bar hip-hop in altri paesi).
A marzo 2012 finalmente c’è stato il tempo per tornare a Manila, e poi andare a Palawan, con qualcuno di più informato sulle Filippine. In questo modo si è aperta l’immagine di un paese colorato e ricco, la cui storia è resa complessa da tutto il sovrapporsi di eventi e di persone che sono passati dal periodo coloniale ad oggi. Il periodo precoloniale invece ha storie più misteriose, che non si possono trovare con precisione nei libri e ci arrivano in via simbolica osservando gli usi e costumi che rendono il paese unico.
La nostra meta fu subito Palawan, dove le meraviglie della natura sono amate dai locali e sono ancora relativamente pochi i turisti. Ci si può tuffare in un mare blu e cristallino ed essere travolti da sciami di pesci colorati. Si può vedere con facilità un pesce pagliaccio uscire da un anemone, come avvistare delfini o dugong attorno alla barriera corallina. La natura regna e dappertutto troviamo cartelli con scritto “leave nothing but footprints”. Potrà durare questo paradiso? Molti magazine lo mettono ormai in testa alle liste delle destinazioni mondiali più sensazionali, ma i flussi sono ancora relativamente limitati grazie alla posizione defilata di questa provincia filippina. Palawan si spera possa mantenere nel tempo l’amore così alto verso le sue bellezze, laddove la gente è ancora in grado di ammirare il sole, le stelle, i profumi e di darne quindi il giusto valore. Ancora si sa come godersi la vita, come assaporare il cibo con lentezza.
Quando siamo arrivati a Coron [ http://www.tropicalexperiencephilippines.com/#!coron-italiano/ctmv ], scottati dopo 6 ore di viaggio sul tetto di una barca, abbiamo visto davvero il punto più bello delle meraviglie naturali del Paese e di Palawan. E anche qui un’esperienza di alloggio in una casa locale mi ha dato altri indizi per capire la cultura quotidiana di questo paese. La casa era ornata dappertutto di simboli religiosi cristiani di ogni sorta (le Filippine sono l’unico paese cattolico d’Asia), ma il più grande orgoglio sono le foto e i trofei di famiglia sulle pareti. La famiglia nelle Filippine, anche grazie all’alta natalità, è un sistema fortissimo e soprattutto numerosissimo. I muri erano tappezzati con memorie di ogni evento: comunioni, cresime, matrimoni, riconoscimenti scolastici di vario genere (a scuola gli studenti più bravi sono celebrati con una grande serie di riconoscimenti per i loro successi). E non dimentichiamo, un altro status symbol: la foto di una nipote o figlia al diploma da infermiera, una professione rispettatissima e che può dare accesso a un futuro economico stabile anche al di fuori del paese. L’ottima conoscenza dell’inglese della popolazione permette infatti una emigrazione professionale di larga scala.
Un gran colpo di fortuna fu essere presenti proprio durante un compleanno in famiglia. Fummo invitati con molto calore ad accomodarci per condividere ogni tipo di leccornia: quando ci sono celebrazioni non si bada alla linea o a limitarsi (un punto in comune con l’Italia, forse!). Ogni vicino è invitato: tutti devono partecipare a ogni lieto evento della comunità. Per l’occasione la casa deve essere perfettamente in ordine, il cibo deve essere il migliore, il servizio impeccabile e vicini, parenti e amici della padrona di casa se ne stanno in cucina a preparare (magari anche con qualche giorno d’anticipo). La festa è l’occasione per aggiornarsi sulla vita sociale e gli eventi. Se possibile si può deliziare gli ospiti con i progressi delle lezioni di piano, mentre si fa assaggiare la torta fatta dalla parente con la pasticceria in città, che fino ad ora rimane la migliore torta al cioccolato che io abbia mai mangiato. Tutto il cibo è sul tavolo, può nutrire un intero reggimento e nutrirà famiglia e vicini anche nei giorni seguenti.
Dopo quel viaggio a me e Candice è iniziata a frullarci in testa l’idea di occuparci di Ecoturismo. Era stata così grande la differenza fra le esperienze superficiali fatte nel mio primo viaggio da solo, rispetto alla conoscenza profonda di un paese straordinario fatto con occhi esperti, che condividere le nostre conoscenze con tutti ci è sembrato un grandissimo obiettivo. Alla fine la nostra idea è diventata realtà e il nostro lavoro.
La nostra idea di viaggio parte da un’idea di sviluppo e non di sfruttamento, di sostenibilità non solo come forma di responsabilità o morale, ma come forma di bellezza e leggerezza. Nelle Filippine crediamo sia possibile. Se volete viaggiare e scoprire le Filippine con noi, potete venirci a trovare su www.vieninellefilippine.com.
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