Testo e foto di Marco Turini
A Putignano ci sono due carnevali. Uno all’aperto, chiassoso e partecipatissimo che dura più di un mese (il più lungo del mondo dicono). L’altro si svolge nell’anonimato di grandi hangar dove i maestri cartapestai lavorano sodo per creare e distruggere ogni anno magnifiche ed effimere opere d’arte di carta e ferro. Una doppia anima come quella della tradizione che unisce sacro e profano e ha origine alla fine del ‘300 con le cosiddette propaggini. In questa occasione i popolani armati di stracci e pentole camuffavano con giochi e rumore la traslazione delle reliquie di Santo Stefano protomartire da Monopoli a Santa Maria la Greca, al sicuro dai predatori Saraceni. Ed ogni anno si celebra quella traslazione in un rito che ha assunto i toni ed i colori del carnevale ma che prende forma dalle mani dei cartapestai, vere star della manifestazione e che ogni anno si sfidano per le vie del paese. Questi insieme ai propri “team” di amici parenti, appassionati si tramandano di anno in anno i trucchi del mestiere. Creazioni alte decine di metri montate a pezzi nei capannoni in laminato e rimontate all’aperto per via dell’altezza. Queste si muovono grazie al frutto di piccoli miracoli meccanici. Bulloni, carta, argilla e pompe idrauliche lavorano insieme come un solo organismo. Dispiace forse sapere che dopo l’ultimo giorno di Carnevale di queste chimere semoventi non rimarrà nulla o quasi. In parte riciclate o distrutte sopravviveranno solo negli schizzi dei carristi o nelle foto dei paesani.
Ho incontrato uno dei maestri più conosciuti, Deni Bianco, che ha vinto quasi tutte le ultime edizioni del carnevale. Mi aspettavo un signore attempato e invece ha poco più di quarant’anni. Un uomo all’apparenza riservato che guarda soddisfatto il suo carro (arriverà secondo a questa edizione) mi racconta di quando ha cominciato a costruire ‘mostri’, poco più che dodicenne. Deni sogna una cittadella del carnevale con nuovi capannoni che possano ospitare adeguatamente i carri e le equipe che ci lavorano (magari in sicurezza). Quest’anno ha creato un carro che racconta della rabbia delle nuove generazioni verso chi sta rubando il loro futuro. Chi ha in pugno il loro destino è una strega malvagia che sta per lanciare la sua maledizione sul mondo.
Riesco ad intrufolarmi in un capannone ed incontro Pinuccio Nardelli che realizzò il primo carro nel 1984. Grembiule sporco, occhiali spessi e coppola mi racconta di come coltivò la sua passione grazie alla scuola dei cartapestai istituita negli anni ’60 e quasi subito dismessa per mancanza di fondi. Oggi non esiste più una scuola per gli aspiranti carristi, tutto viene appreso e tramandato con mani, testa e cuore. Come Marino, 28 anni e 15 anni di paziente praticantato. Sarà lui il nuovo maestro e custodirà la saggezza del carnevale, almeno fino alla prossima generazione.