Di Paolo Ciampi

Tutto comincia con questo bambino che alza gli occhi al cielo e non sa se voglia acchiappare un sogno o una nuvola. Quanto a sogni la madre non pare da meno, solo che sono sogni che hanno le ali del desiderio e varcano i confini. Diventa ambasciatore di Francia, fallo per me, gli ha detto. Richiesta decisamente esosa se sei un bambino ebreo di Vilnius, uno dei tanti bambini ebrei in questa città dove prima dell’abominio nazista si contano 100 sinagoghe e gli studi sulla Torah sono tanti e tali da paragonare questa città a una seconda Gerusalemme. Difficile, davvero: ed è già tanto se prima dei sovietici e prima dei nazisti mamma e figlio possono ritrovarsi a Nizza, benché da esuli con pochi quattrini e poche carte da giocarsi.

E invece ecco Roman, che noi conosciamo come Gary, ma che in realtà di cognome fa Kacew: ebreo di Lituania. Roman. Presto lo ritroveremo a combattere nei cieli contro i nazisti, aviatore come quell’altro aviatore che, per dire, ci ha regalato il Piccolo Principe. Presto lo troveremo a vincere il Goncourt due volte, in barba a ogni regolamento perché il Goncourt si può vincere solo una volta, lui ci riesce perché si nasconde sotto uno pseudonimo, lo farà con diversi pseudonimi tutta la vita. Presto sarà anche un diplomatico al servizio della Francia, incredibile. Per il resto leggete quel lavoro che è La promessa dell’alba. Io intanto indugio qui, davanti a questa statua di Vilnius in una via meno battuta dai turisti. Il bambino ebreo: e le parole che sono promesse, sono sogni, sono desideri che varcano ogni confine.