Ulrike Raiser prosegue la sua collaborazione con “Geografica”. Il suo articolo riprende le riflessioni sul valore della quotidianità del pezzo del 13 luglio di Luisa Fazzini e Agostino Falconetti dedicato a “L’inafferrabile Giappone” del numero 27 di Erodoto 108.

Quando ero una studentessa odiavo la geografia. Per me era un materia inutile, difficile ed estremamente noiosa. Il mondo che dovevo studiare era solo un elenco di nomi che non mi dicevano nulla perché il mio mondo all’epoca era in effetti davvero molto piccolo: io conoscevo solo il Piemonte, dove vivevo, la Toscana, dove andavo in vacanza, e l’Alto Adige, dove stavano i miei parenti. Adesso che sono un’insegnante, invece, la geografia è diventata una materia che amo insegnare. Per risparmiare ai miei alunni le pene che ho dovuto passare io nel ricordarmi a memoria infinite liste di nomi e nel trovarmi persa di fronte ad una cartina muta, sono dovuta diventare una viaggiatrice, per capire che la geografia non è quello che spesso ci propinano i libri ma è un mondo di emozioni, di sapori, di profumi, di incontri e di scoperte.

Questa è la riflessione con cui ho deciso di iniziare il mio ultimo libro, “Deviazioni”, proprio perché l’unione di geografia e viaggio ha cambiato completamente il mio modo di insegnare. Il viaggio è diventato, negli anni, il filo conduttore delle mie lezioni. Bisogna far viaggiare i ragazzi con la mente, sempre e in qualunque modo, perché crescano pieni di curiosità e aperti alle diversità, atteggiamento di cui c’è sempre più bisogno nel nostro presente. I miei studenti, che sono ragazzi delle medie, spesso non hanno ancora fatto grandi viaggi, ma hanno a che fare lo stesso con il mondo, che si infila sempre nelle loro vite. Non è necessario andarlo a cercare, è lui che viene a cercare noi. È il compagno rumeno, senegalese, cinese. La badante albanese della nonna. L’amica londinese della zia. La Siria di cui sentono parlare in televisione. Il mondo non è più così lontano e sconosciuto come era una volta, ma bisogna insegnare ai ragazzi a riconoscerlo nella loro quotidianità.

E così ho cominciato a fare, partendo proprio dai pezzi di mondo e delle altre culture con cui i miei alunni hanno a che fare in modo spesso inconsapevole. Si parte quindi da semplici riflessioni in classe che poi i ragazzi continuano a casa e da cui nascono interessanti ragionamenti geografici. Ad esempio: • che cosa vi piace mangiare? Se lo chiedete ai vostri alunni scoprirete che i ragazzini oggi vanno pazzi per il sushi (io alla loro età non sapevo nemmeno che cosa fosse!). Ed ecco il Giappone che entra nelle loro vite; • da dove arrivano le magliette e la scarpe che indossate? Forza, via le scarpe e controlliamo le etichette “made in…”. Ed ecco arrivare Vietnam, South Corea, Thailandia; • chi di voi pratica l’hip hop o i balli caraibici? Ed ecco arrivare gli Stati Uniti e Cuba; • quanti oggetti made in China avete in casa? La riflessione si allarga poi a casa, in famiglia…c’è chi ha la zia che pratica lo yoga, ed ecco quindi l’India, la mamma che cucina la quinoa, ed ecco quindi il Perù, il cugino con il tatuaggio tribale, ed ecco quindi le più disparate culture dal mondo. E che dire poi delle squadre di calcio tifate dai nostri studenti, che contano ormai diversi giocatori africani o sudamericani?

Ecco gli spunti per far conoscere concretamente il mondo ai nostri alunni: attraverso il sushi o i manga possiamo portarli in Giappone, attraverso lo yoga possiamo portarli in India, attraverso un tatuaggio raggiungeremo i Maori, attraverso i calciatori ci addentreremo in Africa, attraverso quello che indossiamo e gli oggetti che si trovano nelle nostre case andremo nel sud-est asiatico. I nostri vestiti, i giocattoli del fratellino piccolo, gli oggetti che utilizziamo tutti i giorni, quello che mangiamo e che beviamo…tutto racchiude una storia che aspetta di essere raccontata. E se noi la raccontiamo ai nostri alunni permettiamo loro di iniziare a viaggiare e di diventare più consapevoli anche del mondo che vivono quotidianamente. I ragazzi sono molto ricettivi, basta solo stimolare il loro innato senso di curiosità e aiutarli a ragionare sulle cose.

Così, la prossima volta che dopo le lezioni andranno tutti insieme a mangiare il sushi, sapranno da quale tradizione arriva e pian piano i vari nomi dei paesi del mondo saranno non più astratti ma collegati ad esperienze vissute in prima persona. E, sono sicura, da grandi questi ragazzi diventeranno dei veri viaggiatori rispettosi del mondo!

Testo di Ulrike Raiser – Foto di Agostino Falconetti